Alla fine la Federazione nella persone del Presidente Gravina è riuscita a convincere il Mancio. Il ct attualmente campione d’Europa ma non qualificato ai mondiali resterà in sella della nazionale almeno fino ai prossimi europei del 2024.
Le sue ultime dichiarazioni, che confermano le indiscrezioni giornalistiche, addirittura sono proiettate ai mondiali del 2026. La scelta tecnico-tattica di confermare il Mancio è coraggiosa ma non, sotto il profilo logico, di per sé sbagliata. La prima considerazione da farsi vara il famoso principio di asseverazione previa negazione. Se non è una cosa, allora lo è l’altra. Mancini ha vinto nuovamente le primarie federali di Coverciano, perché nessuno dei potenziali competitors era all’altezza del ruolo di Ct azzurro.
MANCINI HA TOPPATO GLI ULTIMI 6 MESI
Gravina potrà anche giudicarsi bravo nel far tollerare al tifoso medio italiano gli scempi arbitrali e gli svariati tentativi (a)legali di portare acqua ai propri mulini dei vari club, ma supponiamo non a tal punto da vendere il riarmo dei fasti appena ingiallitisi con scelte (s)comode come Gattuso, Pirlo o il duo Cannavaro-Lippi.
Chiunque dei succitati avrebbe rappresentato voce del De profundis sulla casacca azzurra.
A Mancini piace vincere facile; a Gravina piacciono le scelte semplici.
Mancini, come scritto in uno scritto precedente, ha toppato del resto 6 mesi, da Settembre 2021 a Marzo 2022, in 4 anni.
Anche se il dato cronachistico ricorda a noi tutti che in Ottobre (2021), l’Italia imponendosi sul Belgio agguantava medaglia di bronzo nella ridondante competizione della Nations League.
Pur tuttavia, i 3 anni precedenti, dal 2018 al 2020, sono stati un crescendo di gioco e risultati.
L’Italia si è addirittura issata in cima alla classifica delle nazionali con il maggior numero di partite consecutive senza sconfitte.
LA RICONOSCENZA VERSO UN GRUPPO COTTO
Mancini ha dunque pagato sulla propria pelle l’errore (molto grave) della riconoscenza verso un gruppo, più che vecchio, al momento apparso fin troppo cotto; al rispetto del quale, pertanto, ha immolato un traguardo tutto fuorché secondario nelle dinamiche politico-sportive dell’Italia.
Bonucci, Chiellini, Emerson, Barella, Jorginho, Insigne e Immobile sono, da tempo, in difficoltà atletica e fisica.
Comprensibile visto lo sforzo profuso nel giocare la stagione scorsa e considerata l’età di alcuni di loro.
E, infatti, i suddetti di certo non stanno brillando presso i propri club.
RIPARTIRE DA DOVE CI SI È FERMATI
Un errore seppur grave può essere perdonato all’ex bandiera Doriana, purché ricominci da dove si è fermato: dalla proposta di gioco e dalla freschezza di mente e di gambe di chi scende in campo.
Conditio sine qua non per avere una nazionale competitiva.
E, per la cronaca, non è colpa né del Mancio né dei calciatori oggi alla gogna mediatica se mancano i campioni in grado di risolvere la pratica mondiale al di fuori dello spartito tattico (grazie al quale nell’estate scorsa si è vinto un impensabile europeo).
MANCA LA BASE DI MATRICE SPAGNOLA
Che manchi una base simile a quella spagnola, è vero.
I Gavi, i Pedri, i Ferran Torres, Nico Gonzalez, Yeremi Pino, Eric Garçia etc. dalle nostre parti non si vedono.
Che però siano assenti basi tecniche per aprire un quadriennio altrettanto competitivo, questo è falso.
Già esistono i modelli tattici e tecnici da innestare sul nuovo ciclo per renderlo immediatamente pronto.
Se a Wembley si è trionfato riproponendo una squadra di matrice sarrista, per esaltare gli uomini di maggiore talento a disposizione (Insigne, Verratti, Jorginho, Emerson e Bonucci), ai prossimi europei e alle qualificazioni mondiali il paradigma risiede su quanto i club di vertice della serie A stanno mostrando in termini di proposta offensiva: dal Milan all’Atalanta, dalla prima alla 5 del campionato, tutti alla ricerca della punta nel minor tempo possibile.
Quanto sarebbe servito spiazzare la Macedonia con rapide transizioni o con recupero palla veemente, forzando anche giocate e posizioni a rischio di compromettere qualche equilibrio difensivo in campo aperto? Legati e principi strategici che avrebbero maggiormente esaltato, inoltre, il miglior bomber italiano, quel Ciro Immobile la cui verve realizzativa ha piegato proprio quel possesso palla sarrista di predominio e raziocinio di cui Mancini si è fatto vincente emulatore.
IL TALENTO NON MANCA
E infine ci sono i ragazzi sparpagliati tra le metropoli e la provincia del nostro calcio. Pronti a dare un contributo fattuale ai provati polmoni dei più anziani senatori.
Okoli, Casale, Romagnoli (che giovane non è ma meglio dell’ormai consunto Chiellini finalmente sostituito da quel fenomeno di cognome Bastoni), Scalvini, Calabria (inspiegabilmente tenuto fuori dopo il forfait di Di Lorenzo), Bellanova, Lovato, Altare, Udogie, Parisi, Tonali, Frattesi, Fagioli, Gaetano, Raspadori, Scamacca, Zaccagni (altro tribunato senza motivo), Caprari (che giovane non è ma se continua a giocare così in quel di Verona non può essere ignorato), Castrovilli, Di Marco (come terzino e non certo difensore centrale), Ricci, Pobega, Faraoni, Carnesecchi etc… nessun fenomeno ma tanti buoni giocatori.
MOLTIPLICARE IL TALENTO ATTRAVERSO IL GIOCO
Mancini ha già mostrato di moltiplicare attraverso il gioco il talento.
Quella è la strada.
E, da un punto di vista letterario, questa versione underdog non dispiace nemmeno.
Tocca solo che si torni a farlo e senza pregiudizi,. Cioè tenendo conto di quanto il campionato per forma racconti dei vari protagonisti.
A queste condizioni e per le ragioni già espresse si può apprezzare pure la scelta del rinnovo.
MASSIMO SCOTTO DI SANTOLO