La morte di Gianni Minà ha scosso l’Italia intera. E’ difficile immaginare che un giornalista possa diventare una icona del ‘900 italiano.
Alla stregua di Maurizio Costanzo e Giampiero Galeazzi, Gianni Minà o soltanto Gianni, così come lo chiamava confidenzialmente Massimo Troisi, lo è diventato. La sua leggenda è andata componendosi di fatti e di testimonianze raccolte in giro per il mondo, non certo di opinioni buttate nella giostra mediatica giusto per avere l’agognata visibilità. L’attenzione con cui Minà si è legato alla realtà delle cose non gli ha impedito di rimanere vivo nel raccontarla. Ha fuso neutralità e parzialità fino a confonderle. Minà restituiva il nucleo delle sue opinioni scegliendo chi intervistare e chi raccontare e soprattutto dove compiere la sua attività d’informazione.
Minà e Napoli
Mentre le copertine dei giornali e le televisioni inseguivano la Milano da bere, Minà si beava di Napoli e della sua arte rivistata finalmente in chiave underground. Mentre il mondo inseguiva a caro prezzo il sogno americano, Minà raccontava Cuba e la sua resilienza alla fagocitosi a stelle e strisce. Se tutti snobbavano Panatta, reo di non essere vincente all’altezza del suo talento, a fine partita Minà otteneva la dichiarazione inattesa dell’atleta “la gente alla fine è buona, mi vuole bene”, suturando un rapporto diviso da stima e invidia. Se tutti inseguivano le frasi radical chic di Platini, Gianni da Torino consolidava quel canale preferenziale che lo renderà il cantore più fedele della vera immagine di Maradona.
Muhammad Alì
Quando il mondo cadde nell’imbarazzo di dover apprezzare Muhammad Alì, il pugile più forte di tutti i tempi perennemente contro l’establishment, Minà divenne un suo interlocutore privilegiato. Quando l’Italia riduceva il neorealismo cinematografico alle istanze postideologiche della commedia, Minà si rivolgeva a Sergio Leone e alla sua produzione che nel frattempo influenzava Hollywood.
L’Italia e la libertà di stampa
Nel tempo da cui scrivo l’Italia ha appena chiuso al cinquattotesimo posto per la libertà d’informazione. Non ci sono abbastanza elementi per ritenere che ai tempi di Minà la situazione fosse tanto migliore. Ciò nobilita ancor di più il lavoro svolto dal giornalista sabaudo che con Cavour non aveva niente in comune se non la terra natìa. Era un uomo aperto e sorridente, mai accalorato, rosso sì ma di risa e talvolta d’imbarazzo, perennemente empatico, un sensale della qualità altrui: la fiutava, la individuava, la consacrava. Un passo sempre dietro l’artista, così in ombra da poter tessere le fila di un destino fortunato per sé e per i suoi compagni di viaggio che finivano per raccontarcelo.
Troisi il miglior narratore di Gianni Minà
Il miglior narratore di Minà è stato senza dubbio Massimo Troisi. L’agendina di Minà, mitizzata dall’attore campana, idealizzava la capacità dell’uomo di rimanere connesso con il mondo anche se privo d’internet. A Blitz, uno straordinario successo televisivo di Gianni Minà, Troisi gli rimproverava una sua presunta bonomia “possibile Gianni che in questo programma non sono mai invitati gli scemi?”. Al giornalista torinese non interessava in alcun modo distruggere il personaggio ma costruirlo per intero e non a singhiozzo.
Pochi oggi con la classe di Minà
Ora restano in attività pochi della classe e del garbo professionale e umano di Minà. Non ne resta nessuno che possa però ereditare il suo ruolo di uomo venuto dal futuro: sempre un passo avanti rispetto ai suoi colleghi nell’intercettare sentimenti quand’ancora carsici e sempre uno indietro rispetto a chi quei sentimenti li provava e li trasformava in poesia contemporanea. La quale risulta ancora attualissima vista la quantità di citazioni social con cui le nuove generazioni rimandano a Minà e ai suoi figli.
Sempre nel mezzo Minà, lì dove un genitore e un giornalista devono stare, per fornire gli strumenti alla prole e ai cittadini affinché agiscano per il meglio. Minà ha cresciuto bene l’Italia. Se qualcosa è andato storto, è solo perché la sorte aveva in serbo altri programmi. E questo Minà davvero non lo poteva prevedere ma non per questo nei nostri ricordi conta di meno. E poi, si sa, chi viaggia nel tempo non può interferire con il naturale corso degli avvenimenti. Buon prosieguo di cammino, Gianni. Senza di te il nostro di percorso resterà muto.