Che per il Napoli vincere anche a casa della Roma fosse divenuto complicato, lo si è compreso immediatamente dopo la disfatta giallorossa in terra norvegese. La goleada rifilata dal Bodo Glimt ai ragazzi di Mourinho ha compattato l’ambiente. Il tecnico portoghese ha reso la partita del Napoli un all in, un crocevia stagionale all’insegna del motto “no time to die”! Alla fine, i capitolini strappano ad un Napoli, più attento a non perdere che a vincere, un pari giusto e, per i giallorossi, balsamico all’interno di una partita comunque dai ritmi britannici e quindi godibile. Tiene banco in casa Napoli il momento nero di Zielinski. L’arbitro Massa, invece, ha contribuito alla fluidità del gioco con un arbitaggio all’inglese. Il divertimento trasmesso ai telespettatori dalla partita ha nascosto, tuttavia, una serie di decisioni arbitrali poi rivelatesi a freddo alquanto discutibili.
1. Sconfitte salutari
La Roma di Mourinho si è presentata all’avvio della stagione con una fisionomia in netta controtendenza alle abitudini del mister portoghese. Squadra verticale, quella capitolina, basata su un contropiede fulmineo e ritmi tambureggianti, ha fatto del gol e della sua ricerca un marchio di fabbrica della propria identità d’inizio di stagione.
Eppure l’iniziale entusiasmo su cui la Lupa volava e segnava si era improvvisamente interrotto. Dapprima è sopraggiunta l’inaspettata sconfitta contro l’hellas Verona e poi allo Juventus Stadium al cospetto dei bianconeri. Partita macchiata da un arbitraggio pessimo di Orsato. Infine, nel turno infrasettimanale, la squadra riserve dei capitolini si è completamente consegnata alla goleada della onesta squadra norvegese del Bodo Glimt. La Roma ne ha presi, infatti, sei e segnando una sola rete.
Mou ha approfittato della vicenda sportivamente tragica, lanciando un j’accuse alla bravura dei calciatori non titolari. Questo ha compattato l’ambiente e la squadra titolare in vista di un obiettivo immediato: il big match casalingo contro il Napoli. Il motto implicito che sembra aver accompagnato i giorni precedenti al match ricalca l’ultimo film sul più noto 007 della storia: “No time to die”. Tre sconfitte consecutive, di cui due contro dirette rivali del campionato (e una in casa) e di cui una subendo una goleada, avrebbero completamente incrinato il cammino di Mou nella capitale e forse anche il buon esito della stagione.
Il tecnico lusitano ha presentato il conto all’amico-nemico di tante battaglie ai tempi in cui Roma-Inter valeva uno scudetto, ossia Luciano Spalletti, che però siedeva sulla panchina che ora è la sua. Mourinho ha organizzato la squadra in modo tale che Osimhen venisse costantemente raddoppiato dalla coppia di centrali. Mancini gli copriva il corto. Ibanez, più veloce, marcava l’attacco alla profondità del nigeriano.
2. Un Napoli calcolatore
Spalletti aveva annusato tutti i pericoli della partita. E l’atteggiamento della squadra ne ha dato testimonianza. Tutti, da Koulibaly a Insigne, preoccupati di mantenere un decoro e contegno tattico affinché il Napoli più che vincere uscisse dall’Olimpico almeno non sconfitto. Merito alla strategia, perché così è stato. Ragionamento raziocinante quello azzurro: farsi acchiappare a pari 25 pt in classifica dal Milan vittorioso a Bologna e riconquistare il primato nelle prossime tre dove i rossoneri affrontano Torino, Roma e Inter mentre i partenopei Bologna, Salernitana e Verona. Inutile, dunque, si fa per dire stressare i giocatori alla ricerca di una vittoria in un contesto ambientale e tattico complesso.
Eppure il Napoli non ha snaturato il suo gioco. Ha prima provato ad imporre la sua manovra partendo dal basso con la ormai consolidata impostazione 4+1 o +2, per poi passare dinanzi al pressing ben organizzato della Roma, che lasciava spazi di manovra al tecnicamente meno dotato Rrahmani, al 3+2. Questo sistema andava a ricercare l’ampiezza della manovra da una parte con Mario Rui e dall’altra con Politano prima e Lozano poi.
Questa mossa ha dato il predominio territoriale e il possesso palla al Napoli. E nel momento migliore degli azzurri all’inizio della ripresa Osimhen ha la palla per sbloccarla ma più per sfortuna che per imprecisione fallisce. Una scorribanda di Abraham riaccende poco dopo la Roma e il pubblico di fede giallorossa. Il Napoli si ricorda che l’importante in questa partita è non perdere. Così si limita nuovamente a controllare il match attraverso una difesa che al momento pare impermeabile tra bravura e buona sorte.
3. Alcuni limiti offensivi del Napoli
Il Napoli sta avendo ultimamente maggiori difficoltà a segnare. Circostanze e studio delle contromosse da parte degli avversari influiscono. Osimhen ha incontrato in due delle ultime tre due degli unici cinque/sei difensori che possono tenerlo in uno contro uno in campo aperto, ossia Bremer e Ibanez.
Il vero limite parrebbe però l’incapacità del Napoli di trovare un uomo in grado di buttarsi alle spalle dei terzini sinistri avversari. Questi ultimi sono notoriamente attirati fuori dalla linea da Politano e Lozano che danno sempre ampiezza, raramente vengono dentro al campo a fare densità sulla trequarti. E Osimhen che abbisogna comunque del raddoppio tende a giocare maggiormente sul centrosinistra per poter dialogare con la catena tecnica del Napoli, formata da Mario Rui, Insigne e Zielinski.
Lo spazio che si crea sul centrodestra del Napoli, oltre la posizione di Politano e Lozano dovrebbe attaccarlo sullo sviluppo della manovra Anguissa, il quale però al momento, con il suo approccio posizionale al fianco di Fabian Ruiz, rappresenta uno dei segreti dell’impermeabilità difensiva azzurra.
Peraltro la Roma ha chiuso molto meglio di tanti avversari quel buco compattando la linea e lasciando solo lo sfogo laterale da ambedue i lati. Osimhen è più controllabile se costretto ad una partita di soli scontri fisici e colpi di testa. Servirebbe così l’imprevedibilità o l’accompagnamento di Zielinski che nelle sue scadenti prestazioni rappresenta la vera spina nel fianco del momento positivo del Napoli.
4. I trequartisti del Napoli
In realtà, l’appannamento della fantasia dei trequarti del Napoli, provenienti da una brillante stagione sotto l’egida di Gattuso, rappresenta scelta strategica da parte di Spalletti. Il mister di Certaldo ha disegnato il suo Napoli sulla massima del presidente De Laurentiis “un Napoli osimheniano”.
Le mezze punte azzurre sono tutte rivolte ad azionare Osimhen all’interno di un contesto in cui la prima preoccupazione è non subire gol. Può accadere che questo principio programmatico svilisca le follie degli avanti partenopei, ma quattro gol nelle ultime tre partite sono un sintomo non una malattia.
Peraltro, Zielinski, Elmas, Insigne e Lozano provengono tutti dalle fatiche con le nazionali e da un ritiro monco. Il polacco ha rimediato anche qualche acciacco che non sembra esser stato smaltito ottimamente. Lozano ha rischiato persino la vita con un infortunio che lo ha tenuto lontano dai campi per un mese proprio nel pieno della preparazione alla stagione. Non è un caso che i migliori per verve e freschezza muscolare siano Politano e Osimhen, gli unici ad aver svolto quasi due mesi di ritiro senza contrattempi. Ai quali anche Mertens, Petagna e Ounas hanno concesso tempo tra calciomercato e infermeria.
5. L’arbitro Massa
Una partita a scacchi tra Mou e Spalletti degna per il dinamismo di quella giocata da Ron ed Hermione in “Harry Potter e la pietra filosofale”. Come bambini davanti al divertimento, molti, prima di recuperare freddezza e lucidità hanno trascurato l’osceno arbitraggio di Massa. Designazione inopportuna visto che l’arbitro in questione proveniva da due precedenti sfortunati con il Napoli protagonista in sfide trascorse altrettanto importanti.
Massa fischiò a Firenze, due anni orsono, due rigori inesistenti per parte a Fiorentina e Napoli. Inoltre, espulse Insigne in una sfida scudetto a San Siro contro l’Inter. Inventò, in un Napoli-Lazio di quarti di finale di Coppa Italia, una espulsione ai danni di Lucas Leiva. Insomma ne aveva già combinate di cotte e di crude.
Ha chiuso la sua partita espellendo meritatamente Mourinho ma non Spalletti, scambiando a fine partita un applauso di complimenti del mister azzurro per una presa per i fondelli. Inoltre, ha completamente ignorato, insieme al Var, ben due episodi possibili da rigore. C’è un monitor per rivederli, perché non usarlo? Infine, ha graziato Abraham meritevole di essere espulso per due falli da gioco chiaramente sanzionabili con il giallo. Ha risparmiato a Vina un plateale giallo come ad Osimhen. Insomma… un fischietto che sa sempre scontentare tutti e che per fortuna non ha condizionato un pareggio divertente e giusto. I calciatori hanno saputo cancellarne dal campo ego e presunzione.
