CIAO PINO WILSON!

E’ morto Giuseppe Wilson, storico capitano della Lazio scudettata di Maestrelli e bandiera mai ammainata del club biancoceleste. Se ne va il leader di una banda calcistica che ha messo paura all’Italia tutta.

1. VIA DEL CAMPO

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori.

Così, durante gli anni del boom economico italiano, De André ricordò ai suoi ascoltatori come la poesia potesse ritrovarsi anche lì dove parebbe esserci solo miseria. Beh, la storia di Giuseppe Wilson, detto Pino, nasce e si sublima in un contesto tutt’altro che adamantino, benché indomabile sia stato il suo carattere e il suo modo di stare al mondo.

Durezza e larghezza delle spalle, petto in fuori, che lo hanno contraddistinto nella sua vita da calciatore ma che non hanno mai intaccato una certa eleganza nel maneggiare la sfera e nell’interpretare i movimenti difensivi. Pino è stato un figlio della seconda guerra mondiale e della Napoli bellica, capace rispetto a tutte le altre città italiane di segnare differenza su come trattare gli invasori e i liberatori.

La città partenopea ha concupito i secondi, masticandoli, mantenendo in bocca il sapore del nuovo mondo o dell’uggiosità britannica ruminata ma una volta andati via, i liberatori, sputati via dal buco di un Vulcano che li aveva accolti senza minacce… come se dal mare che bagna le sponde non fosse giunta alcuna nave né da Ovest né dal Nord.

2. PINO CALCIATORE: GLI INIZI ALL’INTERNAPOLI

Mentre Napoli informava chi arrivava che la città era già stata liberata dall’invasore, alle truppe alleate venivano offerti soltanto amori e occasioni. Pino, infatti, nasce a Napoli da mamma Napoletana e papà inglese di stanza sotto al Vesuvio.

Sceglie la carriera di calciatore che trova rampa di lancio nella seconda squadra di Napoli. Agli appassionati del calcio provinciale non suonerà sconosciuto il titolo “Internapoli”. Gloriosa seconda squadra a difesa delle mura azzurre, domiciliata presso lo Stadio Collana sito nel quartiere collinare del Vomero.

3. L’INCONTRO CON CHINAGLIA

Sede che la Ssc Napoli lasciò in omaggio all’Internapoli dopo la costruzione del San Paolo, oggi Maradona #DAM. Wilson, dunque, si ritrova in C in una società all’epoca di categoria in compagnia di un attaccante lungo e largo. Anch’egli italiano: lo chiamano Giorgio e di cognome fa Chinaglia ma il suo soprannome è Long John per quelle caratteristiche fisiche così verticali.

Figlio di una Italia emigrante anche nell’immediato dopoguerra, dopo una parte dell’infanzia vissuta con i nonni in Toscana, Giorgio raggiunge i genitori a Cardiff dove diventa calciatore, rugbista e cameriere del ristorante che il padre ha aperto dopo aver sudato nelle miniere gallesi.

Wilson e Chinaglia, un terzino tecnicamente dotato e un attaccante tanto potente quanto sgraziato. In C sanno mettersi in mostra sui tranquilli fianchi di un quartiere residenziale napoletano. Giovani e rampanti si guadagnano entrambi la chiamata di un’aquila ferita, la Lazio.

4. LA LAZIO DI MAESTRELLI

Gloriosa società, quest’ultima, nel frattempo finita in B e impegnata a progettare la risalita seguendo la pacata guida di un tecnico gentiluomo quale Tommaso Maestrelli.

Quest’ultimo costruì una squadra tecnicamente dotata, fisica e spigolosa, in grado di arrivare seconda nel campionato cadetto, raggiungere comunque la promozione e in un amen giocarsi nei due anni successivi di A gli scudetti contro Juventus, Inter etc.

Il secondo anno di serie A fu quello buono: con Wilson in difesa e Chinaglia in attacco, oltre ad altri indimenticati eroi, a Roma si festeggia il primo tricolore biancoceleste.

5. UNO SPOGLIATOIO IN SUBBUGLIO

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori

La guerra e le sue trame nefaste avevano dato vita a Pino. Un’altra guerra, che in realtà andava di scena ogni santo allenamento, aveva regalato lo scudetto alla Lazio.

Infatti, la vittoria della Lazio e di Wilson e Chinaglia tutto fu tranne che una favola con il lieto fine.

Pino e Giorgio, i due figli del mondo infiammato dagli strascichi della guerra, entro quel team capeggiato da mister Maestrelli avevano creato una vera e propria fazione atta a combattere e intimidire un’altra avversaria… la quale aveva una sola controindicazione: indossava la loro stessa divisa sociale ed era guidata da Martini, uno degli artefici della risalita dalla B alla A insieme a Wilson, e da un’altra anima che il calcio ha lasciato alla memoria dell’Italia di piombo, ossia l’instancabile mediano Re Cecconi ucciso da un colpo di pistola perché creduto erroneamente ladro da un gioielliere suo amico.

E le pistole erano le cose più ricorrenti nei ritiri della Lazio di Maestrelli, oltre al pallone s’intende. Schemi, scazzottate e poligoni: Wilson vincerà uno scudetto da capitano di una squadra dilaniata da battaglie intestine, da orgogli indomiti e cuori giganti.

6. L’IMPROVVISA FINE DELLA GIOVENTU’

Una volta raggiunto l’apice, con l’Italia del calcio ai piedi di una banda rassomigliante quella sporca dozzina, Wilson che aveva raggiunto la sua fortuna vide sparire tutto in un attimo.

Il sordo rumore di una sliding doors che toglie sorrisi e ricchezze svuotando una vita in ascesa. Maestrelli ricevette una diagnosi terribile: un tumore che gli avrebbe lasciato pochi mesi di vita. E una squadra ancora in grado di dare tanto si spense d’un tratto. In due anni dal tetto d’Italia ai bassifondi della classifica.

Una cura sperimentale allungò la vita ancora per poco a Maestrelli, giusto il tempo per salvare la Lazio e lanciare Bruno Giordano che a Napoli, da dove Pino partì per vincere il primo storico scudetto biancoceleste, arrivò per firmare con gol e assist un altro primo storico scudetto… quello azzurro del Ciuccio.

7. CIAO PINO

Oggi Pino ha lasciato questo mondo ma soltanto per ricostruire con i suoi migliori nemici la banda che terremotò l’Italia del pallone.

Mio nonno, nel raccontarmi dell’Internapoli e della Lazio dello scudetto, aveva ragione a dirmi che non sarei mai stato più figlio unico. Ormai mi ero convinto anche io che Wilson e Chinaglia sarebbero potuti passare all’Internapoli o, perché no, anche al Frosinone.

Massimo Scotto di Santolo

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Radio1, Zeman: “Sono contento per il Napoli e Insigne” (VIDEO)

Zdenek Zeman è intervenuto nella trasmsissione di Radio1 “Un giorno da pecora. Ha parlato del calcio attuale post virus e della condizione delle squadre.

UGDP DEL 25/06/2020

E solo oggi è l'ultimo Giovedì Da Pecora della stagione! 🐑Chi c'è oggi con noi?Il ministro dell'Ambiente Sergio Costa, Andrea Crisanti, Zdenek Zeman, PUPI AVATI, Andrea Romano

Posted by Un Giorno da Pecora Radio1 on Thursday, 25 June 2020
Un giorno da pecora di Radio1, intervento di Zeman al
minuto 50

Come sto? Non male – esordisce Zeman a radio1 – sono 4 mesi che corro per evitare il virus e devo ancora correre. Non per paura, ma non vorrei prenderlo, non vorrei far parte di quel gruppo di 10 milioni di contagiati. La mascherina ormai la uso poco, ma più per non dare fastidio agli altri, perché di solito non do fastidio.

Calcio ai tempi del Covid

Il calcio di oggi? È un pò come il cibo senza sale, insipido senza pubblico. Il calcio è per il pubblico, senza di esso che spettacolo è!? La Juventus vincerà lo scudetto? Certo se la Lazio perdendo a Bergamo le da una mano si, anche gli stessi bianconeri non stanno giocando bene. Dopo tre mesi di stop crolleranno tutti durante le partite. Non hanno la condizione per mantenere i ritmi partita. Mi ha sorpreso l’Atalanta, perché a Bergamo hanno avuto più problemi per il virus per potersi allenare. Hanno meritato la rimonta contro i biancocelesti, ma se Malinovs’kyj non indovina quel tiro non so come sarebbe finita. Se ho goduto alla vittoria del Napoli in Coppa Italia contro la Juventus? Sono contento per il Napoli e Insigne che rappresenta la città.

Futuro in panchina

Per ora non mi ha chiamato nessuno, nel calcio oggi c’è troppa confusione. Spero che appena si chiarirà la situazione uscirà qualcosa, altrimenti mi troverete su una panchina del parco.

SALVIO IMPARATP

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Ripresa serie A, Zeman: “Sono pessimista, prima la salute” (VIDEO)

Ripresa-serie A-Zeman

Zdenek Zeman é intervenuto a Radio Kiss Kiss. Incalzato da Walter De Maggio sulla possibile ripresa della serie A ha detto la sua, anche sull’ipotesi assegnazione scudetto.

Zeman a Radio Goal

RIPRESA CAMPIONATO E ASSEGNAZIONE SCUDETTO

“Ripresa serie A? Io sono pessimista, questo virus ha fatto grossi danni e temo che ne farà ancora. In questo momento la salute è la cosa più importante. L’assegnazione dello scudetto? Al riguardo si possono fare tante ipotesi, ma per me non c’è niente da assegnare a nessuno”.

INSIGNE E IMMOBILE

“Lorenzo è napoletano e tiene molto alla maglia azzurra, ma il suo futuro dipenderà dalle condizioni che gli verranno proposte dalla società. Immobile? Anche lui a napoletano, ovviamente tiene ai partenopei. Adesso sta facendo bene alla Lazio, spero che possa continuare così”

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#restiamoacasa, il Pescara rievoca i tempi di Zeman

L’account twitter del Pescara, rievoca ironicamente i fasti di Zeman. Lo fa sfidando le società di B a giocare a Pes2020. Spaventando gli avversari inserendo in rosa Insigne, Verratti e Immobile. Tutto rigorisamente con ashtag #restiamoacasa

L’account social del Pescara non è nuovo a queste iniziative. Si è già fatto notare recentemente con un tweet scherzoso di risposta al Napoli e uno all’Empoli simulando Ibra con la maglia biancoazzurra. Questa volta lo fa sfidando tutta la serie b ad una partita a Pes2020, approfittando del momento e del #restiamoacasa. In rosa però aggiunge i tre protagonisti del grande Pescara di Zeman, Insigne, Verratti e Immobile. Nostalgia? Chissà, in tutti i casi Zeman è libero e in grande forma.

SALVIO IMPARATO

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Radio1, Zeman: “Allegri grande gestore, io mi sento più allenatore. Ho rifiutato alcune panchine”

radio1-zeman

Zeman torna a parlare a Radio1, nel programma “Un Giorno Da Pecora”. Format presentato da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro ospita il Maestro del 4-3-3 stimolandolo su vari argomenti, anche sul coronavirus.

Buondì! Ultimo giorno da pecora BIS della settimana. Con noi un ospite incredibile! Zdenek Zeman!In collegamento Alessio Villarosa, Pier Carlo Padoan, Massimiliano Fuksas, Divino OtelmaCommenta e condividi. Siamo in diretta anche su Instagram e sul canale Youtube della Rai.#ZEMAN#UGDP#UGDPBIS

Geplaatst door Un Giorno da Pecora Radio1 op Vrijdag 6 maart 2020
Radio1, “Un giorno da pecora” puntata integrale con Zeman

Annunciato a Radio1 come il migliore allenatore di tutti i tempi, Zeman fa il suo ingresso in studio in camicia di Jeans, è in forma il maestro.

È troppo critico dire che è il miglior allenatore di tutti i tempi?

“È esagerato”

Chi è il più grande allenatore attualmente?

“Non li ho misurati”

C’è qualche allenatore che venera più di se stesso?

“Qui in Italia si portano gli allenatori che vincono. A me piacciono De Zerbi e Liverani, anche se dovessero andare in B. Stanno facendo bene e cercando di giocarsela”

Campionato a porte chiuse, che ne pensa?

“Non è sicuramente la situazione migliore, ma il campionato bisogna finirlo per forza. Io ho ancora dei dubbi, perché mi aspetto qualche altra ‘botta’ – dice Zdenek Zeman parlando del Coronavirus a Radio1 – si sta allargando ogni giorno di più. In questo momento, visto che non lavoro in mezzo agli altri, non ho problemi. Ma il virus avrà problemi con me. Io penso che questo virus voglia ringiovanire il mondo, ce l’ha con i vecchi e io mi metto tra questi. Amareggiato non solo per l’Italia ma per il mondo. Sicuramente non è una situazione allegra e speriamo di uscirne”.

Come faranno i giocatori a mantenere la distanza di un metro tra loro?

“Hanno fatto gli esami e dovrebbero essere sani. Spero che abbiano fatto a tutti il tampone, perché il contatto c’è e anche gli sputi. Non abbracciarsi dopo i gol? Se si vogliono bene, si possono abbracciare”.

Le manca la panchina?

“Ogni tanto vado a sedermi a quella del parco però, che in certi casi è anche meglio. Qualche squadra in questi mesi mi ha cercato. Ho detto di no perché non avevo rassicurazioni sul tipo di lavoro che potevo fare. Io voglio poter fare il mio mestiere. Oggi i dirigenti vogliono fare loro la formazione.”

Chi gioca oggi il miglior calcio in Italia?

“La Lazio comunque è la squadra che gioca meglio in Italia, mentre l’Atalanta gioca un altro calcio, più fisico, corrono più di tutti perché si allenano bene”.

La Juventus perché non gioca bene? Allegri le piace?

“Non gioca bene ma ha la miglior rosa, credo che Sarri, come me, vorrebbe giocassero più insieme, come gruppo. Allegri mi piace come gestore, ruolo che condivide con i migliori allenatori in circolazione. Io mi sento più allenatore”

Il Var non le piace

“Penso sempre che il calcio sia un gioco umano, sia per i calciatori che per gli arbitri. E poi si sbaglia anche ora, forse anche di più: o la Var si usa sempre oppure no.”

Tornerebbe alla Roma o alla Lazio?

“Dipende dai programmi e da quel che si può fare. Alla Lazio Idem.”

Chi vincerà lo scudetto?

“Juventus-Inter , vince la Juve: ha i giocatori più forti. Scudetto? Spero vinca la Lazio anche se la Juve, come dicevo, ha la rosa più forte. Lotito comunque ha fatto molto di più di altri che hanno mezzi più ampi”.

Il suo 4-3-3 è più di sinistra?

“Il calcio non è politica, comunque ho attaccanti e terzini sia a destra che a sinistra”

SALVIO IMPARATO

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Gds, Zeman: “Giusto giocare senza pubblico se ci sono problemi di salute”

gds-zeman-intervista

Zdenek Zeman ha rilasciato una lunga intervista alla Gds. Ai microfoni di Nicola Berardino ha parlato di Lazio, rinvii e Juventus.

Zdenek Zeman ha allenato la Lazio, dal 1994, quando fece il grande salto dal Foggia, al gennaio 1997. Due stagioni e mezza sulla pan- china biancoceleste. Nel tragitto della Lazio di Cragnotti verso lo scudetto del 2000. Ecco l’intervista completa alla Gds.

Zeman, che cosa le dice la Lazio capolista?

«Sicuramente, una novità. La squadra di Inzaghi – continua Zeman alla Gds – viene da 21 partite utili di fila, non da tre. Anche se mancano i risultati delle gare da recuperare, la Lazio se lo deve godere questo primo posto».

Quanto questo primato nasce dal bel gioco?

«In Serie A la Lazio è la squadra che più mi piace vedere. Giocare bene è sempre un vantaggio anche se a volte non porta punti. La formazione di Inzaghi in- vece ci sta riuscendo. E mi auguro che continui a giocare bene e a fare risultati».

Da tecnico che cosa apprezza dei biancocelesti?

«Giocano da squadra. Tutti si aiutano e sono molto attenti a quello che fanno. E hanno il centrocampo migliore del campionato».

Luis Alberto sempre più lea- der della manovra. Una stella anche a livello internazionale? «In questa stagione sta facendo cose eccezionali».

3Inzaghi ha trovato pure delle alternative all’altezza in pan- china.
«È un buon gruppo. Vuol dire che lavorano tutti bene».

3Si può fare un paragone tra questa Lazio e quella che nel 2000 con Eriksson vinse lo scudetto?

«Quella formazione era più forte nelle individualità ma an- che nel collettivo rispetto a que- sta che però riesce a sopperire a quel divario proprio giocando insieme».

Quando è arrivato in A Inzaghi giocava con un modulo 4-3-3 etichettato di stampo zemaniano, mentre adesso si affida soltanto al 3-5-2

«Bisogna fare quello che conviene alla squadra. Soprattutto se sul campo quella disposizione tattica da dei frutti».

Inzaghi ha costruito la Lazio come un mosaico, tassello dopo tassello

«Le squadre si preparano sapendo prima quello che serve».

Tra i segreti di questa Lazio, probabilmente, c’è anche il tipo di preparazione estiva: due settimane tra le amichevoli di Auronzo. Un modello che richiama quello zemaniano.

«Conta molto il lavoro che si svolge in ritiro. Bisogna lavorare per dare le basi fisiche ma anche tattiche. Più si lavora in quel periodo e meglio sarà per il campionato».

Chi considera in pole per lo scudetto?

«Per me la Juventus resta la favorita. Continuo a ritenerla la squadra con più valori in asso- luto. Per ora ha qualche difficoltà a esprimersi e non riesce a sfruttare tutta la forza che ha».

Le gare rinviate chi hanno danneggiato?

«Tutti».

Può essere giusto giocare anche senza pubblico?

«Sì. Visto che ci sono grandi problemi di salute, è normale che senza pubblico si evita quel pericolo. Secondo me, finire il campionato può diventare problematico».

Quale può essere il punto di forza della Lazio nella volata verso lo scudetto?

«La convinzione nei propri mezzi anche per le 21 partite di fila senza sconfitte. La squadra ora sa quanto può ottenere. E si impegnerà per continuare a far bene. Poi potrà pure arrivare una sconfitta, ma la Lazio è lì».

Che cosa può frenare la corsa dei biancocelesti?

«Gli infortuni. Di gente di valore, tipo Luis Alberto e Immobile».

Quanto conta la gestione societaria di Claudio Lotito?

«La Lazio è un buon esempio. La squadra di Inzaghi non è costata come le altre, ma sul campo rende meglio delle altre».

Con la Lazio è andato più vicino allo scudetto?

«Sì. Secondo posto nel 1995, perdemmo con la Juventus …».

Lo scudetto va programmato o può arrivare a sorpresa?

«La Juventus li ha programmati. Negli ultimi vent’anni, Lazio e Roma ne hanno vinto uno per parte, ma poi hanno pagato un grosso prezzo. Il segreto – conclude Zeman alla Gds – è sempre saper gestire bene la società».

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Orsi e Nanni: “Zeman è un genio, il 4-3-3 migliore del mondo” (VIDEO)

Durante la diretta di Radio Radio, Orsi e Nanni (ex Lazio e ex Roma), lodano Zeman in modo particolare e sentito.

Orsi e Nanni parlano di Zeman

Sembrava un’accelerazione da 0 a 100 automobilistica, la lodi di Nando Orsi a Zeman. Durante una discussione sui portieri giallorossi, Orsi interrompe Nanni, che parlava delle difficoltà incontrate da Goigochea, esprimendo inizialmente un parere negativo sulla visione di Zeman sul ruolo del portiere e i relativi allenamenti.

“Guido (Nanni ndr) – esclama Orsi – io ho avuto Zeman per tre anni, è grande allenatore, ma forse di portieri ci capisce poco. Faceva degli allenamenti che facevano incazzare i portieri. Tipo gli 11 contro 0, per allenare gli schemi erano insopportabili per noi portieri, ti facevano scavetti e pallonetti”

A quel punto interviene l’ex allenatore dei portieri e iniziano le lodi per Zeman di Orsi e Nanni.

“Nando io quando l’ho avuto a Roma, dopo un pò di guerre (riferito agli allenamenti ndr), ho imparato tanto e ritengo di essere fortunato. Stiamo parlando di un genio”. E Orsi replica: “Si è un grande e credo sia uno che alleni davvero, il suo 4-3-3 a livello offensivo è il migliore del mondo, Guardiola che pure ritengo un genio, non ha gli schemi che ha Zeman, il Mister non eguali in questo”.

Sorvolando le solite battute stucchevoli, sulla difesa di Zeman, dei conduttori del programma, è stato una bella distribuzione di lodi per il Boemo da parte di Orsi e Nanni.

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TWB, Zeman: “È la Lazio l’antijuve, i bianconeri non sono in fuga”

Zdenek Zeman ha rilasciato un’intervista a TWB (tuttomercatoweb.com). Ecco un estratto, l’intervista completa uscirà domani.

Zeman a Twb

“Oggi la seconda squadra è la Lazio – afferma Zeman a TWB – se vincono il recupero col Verona vanno al secondo posto e sono loro i primi inseguitori. Visto che hanno già vinto due partite con la Juventus hanno più possibilità in questo momento”.

A parlare è Zdenek Zeman, allenatore che ha analizzato il momento della Lazio.

La Lazio quando l’ha sorpresa?

“Mancava continuità, anche se non è normale vincere undici gare consecutive e molte a tempo scaduto. Però ce l’ha fatto e vincendo arriva più convinzione, più voglia di giocarsi qualcosa”. 

Qual è il segreto di Inzaghi?

“La Lazio è una squadra che giocava un bel calcio anche lo scorso anno. Però poi c’erano cali improvvisi che non le hanno permesso di lottare per qualcosa di importante. Oggi questi cali non ci sono e la squadra va avanti convinta di poter fare qualcosa di importante

Quello della Lazio è il centrocampo migliore della Serie A.

“A me piacciono tutti e tre. Insieme fanno bene e sono importanti”. 

Luis Alberto è il calcio…

“E’ bravo. Lo scorso anno ha giocato spesso male, non so se non avesse voglia o voleva andare via e ha fatto un brutto campionato. Quest’anno sta di nuovo dimostrando quanto fatto vedere due anni fa”.

Si aspettava di più dalla Juventus di Sarri?
“All’inizio – continua Zeman a TWB – la squadra ha dovuto fare i conti con un handicap perché Sarri era malato e non è riuscito fin da subito a impostare il suo lavoro. Anche le caratteristiche dei giocatori non sono fatte proprio per il gioco di Sarri, specialmente gli attaccanti che hanno nel sangue giocare la palla, non smistarla di prima. Non sono gli attaccanti migliori per il suo gioco, ma sta facendo bene”.

Per Sacchi la Juventus per vincere in Europa deve fare un pressing migliore.
“Le squadre inglesi sono impostate per fare pressing a tutto campo, non possiamo aspettarci che Cristiano Ronaldo e Dybala facciano lo stesso lavoro. Alla Juve manca quello, attaccare in partenza i giocatori avversari”.

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Marchegiani: “L’Atalanta mi ricorda le squadre di Zeman”

Durante Sky Calcio Club, Luca Marchegiani, interpellato su Inter-Atalanta, loda i nerazzurri di Gasperini accostandoli alle squadre di Zeman.

“L’Atalanta mi ricorda le squadre di Zeman nei momenti migliori, per l’intensità e la condizione”. Caressa lo incalza, “Calcio asfissiante praticamente” e Marchegiani entra nel dettaglio, “È una squadra sempre in crescita, ti da sempre l’impressione di salire di livello e di poter fare quel gioco per 90 minuti. Ti sfianca e ti devasta fisicamente”. Insomma ogni tanto anche al Club, grazie a Marchegiani, si ricordano dell’esistenza di Zeman. L’ex portiere ci ha giocato con il Boemo e recentemente ne parlò a Speciale Calciomercato, raccontando come Sacchi, nei periodi della nazionale, fosse innamorato degli schemi di Zeman.

Salvio Imparato

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Zeman: “Calcio italiano povero di inventiva e attuazione progetti”

Zdenek Zeman torna in prima pagina sul Corriere Dello Sport, questa volta accanto ad Ibrahimović. Intervistato ancora da Antonio Giordano.

Se avete avuto un tempo per sognare, vi sarete perduti nei tagli e nelle diagonali, nelle sovrapposizioni e in un calcio che vi avreb- be posseduto, come un demone dal quale è impossibile difender- si: e tra Licata e Foggia, e poi sulle due sponde di Roma, e ancora tra Lecce e Pescara e persino negli anfratti di delusioni dolorose (Napoli, Avellino, Salerno) avreste ritrovato una visione onirica d’un football verticale, un’avvolgente poesia da recitare come nel Santo Natale, salendo sulla seggiola e declamando. 4-3-3 sa di Zeman, soprattutto di lui, d’una dimensione onirica che conquista e stordisce, d’una visione eternamente futurista – ieri come oggi – e intramontabile: non è mai evaporato quel modello, eppure avrebbero voluto farcelo credere, ma è rimasto eguale a se stesso, disegna nella fantasia un palleggio che guarda lontano, non vive di ricordi, e punta dritto al cuore della gente che ancora insegue un selfie oppure le tracce d’una bellezza ch’è eterna

Il calcio secondo Zeman ha sfumature diverse, sa di antico e di moderno assieme, e non rientra nelle convenzioni.

«Io sto guardando spesso la Lazio e la Roma e mi sto divertendo. La Lazio in particolare, in questo momento, mi piace: ha un centrocampo fantastico e quei due là davanti che sono decisivi. Cinque uomini di così alto livello ti appagano, ti fanno divertire. Però ogni anno le capita sempre un periodo un po’ difficile che finisce per pregiudicar- ne la stagione».


La Juventus vista da Zeman che sensazione lascia?

«Per me vincerà lo scudetto, a meno che non accadano inciden- ti di percorso straordinari. Ma ha una qualità dell’organico inarrivabile, basta leggere i nomi dei titolari e anche quelli delle cosiddette riserve».


Però ha anche un gioco che non è quello che vorrebbe Sarri…

«Non è semplice e comprendo. Neanche al Chelsea è stato possibile riprodurre il modello-Napoli. Ma quella era una squadra diversa, nella quale si fondeva la magia degli interpreti. E non si ritrovano calciatori così compa- tibili tra di loro da esaltarsi tutti assieme. Il Napoli non va preso come esempio, perché resta qua- si unico nel suo genere».

E’ tornato Ibrahimovic e la sua irruzione ha scosso.

«Ma sono curioso di vederlo, perché ha un’età e lo dico con assoluto rispetto. Il fisico è imponente, il talento non si discute, ma viaggia sui 38 anni ed è un dettaglio che non si può ignorare. Poi i grandi ritorni, al Milan, non hanno mai contribuito a clamorosi rilanci. Non credo che possa accadere, ma sono pronto a verificare il contrario».

La Roma ha cambiato proprietà, ormai.

«E non so che dirle. Speriamo che questa dia qualcosa in più di quella che l’ha preceduta».

Ci sono sempre più stranieri al comando, in Italia.

«Il calcio è un business, ormai, e forse all’estero ci sono più soldi da investire che qui da noi. Ma l’aspetto finanziario resta rilevante però non decisivo, perché per ave- re successo o costruire qualcosa che resti serve soprattutto altro».

Ha detto recentemente Allegri: nel calcio moderno manca la figura del dirigente.

«E sento di condividere il suo pensiero, perché corrisponde a quello che diceva: se dipendesse esclusivamente dal cosiddetto potere economico, sarebbe semplice, basterebbe spendere, spendere, spendere. E invece bisogna saperlo fare, avendo consapevolezza di ciò che serve e di quel che si vuole. Certo, essere ricchi aiuta, ma non è sufficiente. E casi ce ne sono nella storia. E’ l’idea che ti fa progredire, che ti aiuta a sviluppare un percorso».

Non vinciamo in Europa da un decennio.

«Forse perché siamo più poveri di inventiva manageriale. Il nostro ritardo non è riconducibile al conto in banca, che pure ha un peso, ma alla solidità dei Progetti, alle loro attuazioni».


L’Inter di soldi ne ha…

«Per me è ancora distante dalla Juventus e comunque avrà bisogno di un periodo di tempo necessario per rimodularsi. Però, intanto, in Champions è uscita, anche in un girone non semplice».


L’Italia, anzi Napoli, ha bruciato Ancelotti.

«Non sono dentro le questioni, però ho seguito, visto e letto e dopo le ultime vicende, qualcosa mi lasciava intuire che sarebbe accaduto. Deve averlo capito anche l’Everton, visto che è successo tutto così in fretta».


L’Atalanta è la sorpresa?

«Non può esserlo, perché ormai va avanti a certi livelli da un paio di stagioni. Gasperini fa un calcio diverso, fisico, aggressivo, orga- nizzato. E ha due calciatori, Gomez e Ilicic, che sono decisivi. Gli è mancato Zapata, ma è riuscito a fronteggiare la situazione: vuol dire che c’è consistenza».

Dire Champions, per Zeman, vuol dire…

«Pensare al Liverpool, più di ogni altra squadra. E poi subito dopo al Psg, che con Mbappé, Neymar, Icardi e quando c’è anche Cavani ti trasmette gioia e dà spettacolo vero. Poi inserisco ancora e sempre il Barcellona: per me stanno avanti queste tre e la Juve, a livello internazionale, mi pare ancora un pochino distante. E’ anche vero che in un match di andata e ritorno possono subentrare fattori esterni, il calo di forma o infortuni e squalifiche, capaci di incidere. Ma è raro. Alla distanza, si impongono i più bravi».

Disse Zeman non molto tempo fa: mi manca Totti.

«Lo confermo anche ora, che pure è passato del tempo dal giorno del suo addio. Io uno come lui lo avrei conservato in una teca e comunque avrei pro- vato ad allungargli la carriera, facendogli giocare qualche partita in più. Perché un Totti nasce assai raramente, non so quanto dovremo ancora aspettare per vederne uno che possa somigliargli. Ma la sua figura aiuterebbe sempre il calcio, anche fuori dal campo. Qualsiasi cosa egli faccia»

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