IL REAL MADRID E’ PER LA 14ESIMA VOLTA CAMPIONE D’EUROPA

Contro ogni pronostico Carlo Ancelotti, alla guida di un sottovalutato Real Madrid, batte Psg, Chelsea, Man City e in finale il Liverpool e si laurea per la quarta volta campione d’Europa divenendo leggenda del calcio mondiale insieme al suo club e ai suoi giocatori.

1. IL GIOCO POCO SPETTACOLARE DEL MADRID

Trionfa una squadra, il Real Madrid, che all’Italia degli Europei del 2000, talmente prudente da scomodare il disgusto pubblico di Pelè, ha fatto le fusa. D’altronde Zoff e Ancelotti appartengono alla stessa generazione calcistica.

Il modo di giocare del Real pertanto è risultato abbastanza anacronistico. È parso di tornare, durante una singola notte parigina abbastanza lunga, ai tempi delle vittorie spiegate da Nereo Rocco: basta un cristo che para e un mona che segna.

2. I FUORICLASSE: COURTOIS IL DRAGO E BENZEMA KARIM THE DREAM

E il Real ne ha avuti due sublimi, cioè Courtois e Benzema. Due fuoriclasse che sono saliti in cattedra dagli Ottavi di finale Champions in poi e hanno obiettivamente portato a scuola la nobiltà del calcio europeo.

3. LA STRATEGIA DEL MADRID

Complicato immaginare, senza tali individualità, un ennesimo trionfo del made in Italy by Carlo Ancelotti. La finale è stata, non a caso, decisa su un tiro sporco di Valverde deviato in porta da Vinicius.

Così la voleva vincere Ancelotti e così l’ha vinta. Attendismo e centrocampo folto a togliere ritmo al Liverpool.

I reds, arrivati alla 63esima partita stagionale, avevano poca benzina. Quella che bastava per vincere questa Champions l’hanno messa in campo ma Courtois, con le sue parate, ha impedito che il motore avversario carburasse.

4. LA RINASCITA DI ANCELOTTI

Per la gloriosissima carriera bisogna comunque essere contenti per la vittoria di Ancelotti, il quale aveva intrapreso un viale del tramonto poco edificante tra Napoli ed Everton.

A Napoli, in particolar modo, non è stato messo nelle condizioni di rendere. Voleva trasformare l’ambiente e ne è stato fagocitato rischiando di compromettere il crinale finale della propria carriera. Pagò il non sapersi estraniare dalla melma in cui lo cacciarono società, tifosi e calciatori.

Con tutte le tare del caso, a Madrid, invece, ha dimostrato di avere ancora occhio per il calcio. Quello difficile si perda! Valverde centrocampista laterale. Vinicius un po’ ala e un po’ seconda punta.

Così, tatticamente, il “ragazzo” di Reggiolo ha sistemato la squadra e ha vinto coppa Europea e campionato. Le due ali prescelte per far quadrare i conti poi hanno deciso la finale di Champions.

5. JURGEN KLOPP, LO SCONFITTO

Colpo di coda vincente, alla stregua di un Drago, ai danni di Klopp dunque… uno, il tedesco, che per il calcio e per i pensieri che propone alla platea pallonara merita sempre un applauso a prescindere.

Si consolerà anche lui con due secondi posti prestigiosi e qualche coppa nazionale vinta. Stasera, forse, reo di aver puntato troppo su dei senatori dalla gamba un po’ spenta.

Pur tuttavia, per un Signore arcimilionario che ambisce soltanto ad essere ricordato post mortem come una brava persona, me quito la gorra señor! Ce ne sono ancora pochi di esseri umani al mondo anche solo preoccupati di risultare semplicemente perbene.

Massimo Scotto di Santolo

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Zeman: “Calcio italiano povero di inventiva e attuazione progetti”

Zdenek Zeman torna in prima pagina sul Corriere Dello Sport, questa volta accanto ad Ibrahimović. Intervistato ancora da Antonio Giordano.

Se avete avuto un tempo per sognare, vi sarete perduti nei tagli e nelle diagonali, nelle sovrapposizioni e in un calcio che vi avreb- be posseduto, come un demone dal quale è impossibile difender- si: e tra Licata e Foggia, e poi sulle due sponde di Roma, e ancora tra Lecce e Pescara e persino negli anfratti di delusioni dolorose (Napoli, Avellino, Salerno) avreste ritrovato una visione onirica d’un football verticale, un’avvolgente poesia da recitare come nel Santo Natale, salendo sulla seggiola e declamando. 4-3-3 sa di Zeman, soprattutto di lui, d’una dimensione onirica che conquista e stordisce, d’una visione eternamente futurista – ieri come oggi – e intramontabile: non è mai evaporato quel modello, eppure avrebbero voluto farcelo credere, ma è rimasto eguale a se stesso, disegna nella fantasia un palleggio che guarda lontano, non vive di ricordi, e punta dritto al cuore della gente che ancora insegue un selfie oppure le tracce d’una bellezza ch’è eterna

Il calcio secondo Zeman ha sfumature diverse, sa di antico e di moderno assieme, e non rientra nelle convenzioni.

«Io sto guardando spesso la Lazio e la Roma e mi sto divertendo. La Lazio in particolare, in questo momento, mi piace: ha un centrocampo fantastico e quei due là davanti che sono decisivi. Cinque uomini di così alto livello ti appagano, ti fanno divertire. Però ogni anno le capita sempre un periodo un po’ difficile che finisce per pregiudicar- ne la stagione».


La Juventus vista da Zeman che sensazione lascia?

«Per me vincerà lo scudetto, a meno che non accadano inciden- ti di percorso straordinari. Ma ha una qualità dell’organico inarrivabile, basta leggere i nomi dei titolari e anche quelli delle cosiddette riserve».


Però ha anche un gioco che non è quello che vorrebbe Sarri…

«Non è semplice e comprendo. Neanche al Chelsea è stato possibile riprodurre il modello-Napoli. Ma quella era una squadra diversa, nella quale si fondeva la magia degli interpreti. E non si ritrovano calciatori così compa- tibili tra di loro da esaltarsi tutti assieme. Il Napoli non va preso come esempio, perché resta qua- si unico nel suo genere».

E’ tornato Ibrahimovic e la sua irruzione ha scosso.

«Ma sono curioso di vederlo, perché ha un’età e lo dico con assoluto rispetto. Il fisico è imponente, il talento non si discute, ma viaggia sui 38 anni ed è un dettaglio che non si può ignorare. Poi i grandi ritorni, al Milan, non hanno mai contribuito a clamorosi rilanci. Non credo che possa accadere, ma sono pronto a verificare il contrario».

La Roma ha cambiato proprietà, ormai.

«E non so che dirle. Speriamo che questa dia qualcosa in più di quella che l’ha preceduta».

Ci sono sempre più stranieri al comando, in Italia.

«Il calcio è un business, ormai, e forse all’estero ci sono più soldi da investire che qui da noi. Ma l’aspetto finanziario resta rilevante però non decisivo, perché per ave- re successo o costruire qualcosa che resti serve soprattutto altro».

Ha detto recentemente Allegri: nel calcio moderno manca la figura del dirigente.

«E sento di condividere il suo pensiero, perché corrisponde a quello che diceva: se dipendesse esclusivamente dal cosiddetto potere economico, sarebbe semplice, basterebbe spendere, spendere, spendere. E invece bisogna saperlo fare, avendo consapevolezza di ciò che serve e di quel che si vuole. Certo, essere ricchi aiuta, ma non è sufficiente. E casi ce ne sono nella storia. E’ l’idea che ti fa progredire, che ti aiuta a sviluppare un percorso».

Non vinciamo in Europa da un decennio.

«Forse perché siamo più poveri di inventiva manageriale. Il nostro ritardo non è riconducibile al conto in banca, che pure ha un peso, ma alla solidità dei Progetti, alle loro attuazioni».


L’Inter di soldi ne ha…

«Per me è ancora distante dalla Juventus e comunque avrà bisogno di un periodo di tempo necessario per rimodularsi. Però, intanto, in Champions è uscita, anche in un girone non semplice».


L’Italia, anzi Napoli, ha bruciato Ancelotti.

«Non sono dentro le questioni, però ho seguito, visto e letto e dopo le ultime vicende, qualcosa mi lasciava intuire che sarebbe accaduto. Deve averlo capito anche l’Everton, visto che è successo tutto così in fretta».


L’Atalanta è la sorpresa?

«Non può esserlo, perché ormai va avanti a certi livelli da un paio di stagioni. Gasperini fa un calcio diverso, fisico, aggressivo, orga- nizzato. E ha due calciatori, Gomez e Ilicic, che sono decisivi. Gli è mancato Zapata, ma è riuscito a fronteggiare la situazione: vuol dire che c’è consistenza».

Dire Champions, per Zeman, vuol dire…

«Pensare al Liverpool, più di ogni altra squadra. E poi subito dopo al Psg, che con Mbappé, Neymar, Icardi e quando c’è anche Cavani ti trasmette gioia e dà spettacolo vero. Poi inserisco ancora e sempre il Barcellona: per me stanno avanti queste tre e la Juve, a livello internazionale, mi pare ancora un pochino distante. E’ anche vero che in un match di andata e ritorno possono subentrare fattori esterni, il calo di forma o infortuni e squalifiche, capaci di incidere. Ma è raro. Alla distanza, si impongono i più bravi».

Disse Zeman non molto tempo fa: mi manca Totti.

«Lo confermo anche ora, che pure è passato del tempo dal giorno del suo addio. Io uno come lui lo avrei conservato in una teca e comunque avrei pro- vato ad allungargli la carriera, facendogli giocare qualche partita in più. Perché un Totti nasce assai raramente, non so quanto dovremo ancora aspettare per vederne uno che possa somigliargli. Ma la sua figura aiuterebbe sempre il calcio, anche fuori dal campo. Qualsiasi cosa egli faccia»

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Insigne, il pupillo di Zeman è la stella del Napoli

insigne-zeman-napoli

E menomale che Insigne era il problema del Napoli. Il talento di Frattamaggiore determinante in tutti e tre i gol ai danni dei Reds.

Sono lontani i tempi in cui Zeman disse: “Insigne è più forte di chi gioca adesso nel Napoli”. Era il 2010 e il Boemo, esiliato e dimenticato (per loro), dimostrava di avere ancora la visione dell’illuminato, dimostrando di saper guardare dove il calcio italiano non ha mai avuto il coraggio di guardare, un po’ per non ammettere i propri errori e un po’ per non evidenziare l’incompetenza di tanti nel settore. 

E pensare che se non ci fosse stata la folle idea di Casillo, di riprendere il Foggia e formare la vecchia squadra con Pavone, Franco Mancini, Franco Altamura e ovviamente il Maestro, magari Insigne vagherebbe ancora tra prestiti e scetticismi aspettando a 28 anni la definitiva crescita: e chi oggi sostiene che Lorenzo non è consacrato, o è ciuccio o è in malafede. 

INSIGNE E IL DOPO ZEMAN

Da quando è rientrato a Napoli, dopo gli insegnamenti di Zeman, ha trovato purtroppo Mazzarri. Il toscano non ha aiutato il talento di Frattamaggiore a mettere in mostra le sue qualità, un po’ per il modulo e un po’ per la sua scarsa attitudine con i giovani. Va dato atto però a De Laurentiis di aver incominciato, dopo aver visto il Pescara di Zeman, a cambiare visione calcistica. E quella visione oggi lo aiuta ancora oggi a saper essere in contrasto tattico con gli allenatori, anche con Ancelotti. 

Insigne è sempre stata la chiave del dopo Mazzarri. Ha facilitato non poco il lavoro di Benitez e Sarri, anche se entrambi sono sempre stati scettici sul 4-3-3. Mentre squadra e presidente no, e guarda caso la vera esplosione nel gioco del Napoli avvenne proprio con questo modulo nelle mani di Sarri. Ora è il modulo di riferimento del toscano, ma qui sosteneva di non gradirlo per questioni di baricentro, però con l’ottimo lavoro sulla difesa, sul pressing e su determinati concetti ne uscì fuori uno spettacolo di gol ed equilibrio. In serie A era proprio dai tempi di Zeman che non si vedeva un 4-3-3 di questo livello, un caso? Almeno nella fase offensiva no.

LA POSIZIONE DI ANCELOTTI SCRICCHIOLA

Con Carlo Ancelotti il dilemma Insigne ritorna. La situazione in casa Napoli oggi sembra di leggero contrasto tattico con la società. Ovviamente contrasto che si trasferisce sul mercato. Si vuole puntare su Insigne ala sinistra, mentre Ancelotti insiste su un determinante trequartista e la sua posizione, dopo la prestazione di Lorenzo fondamentale in tutti e tre i gol contro i reds, scricchiola un po’ ovunque, sia da quella tattica che da quella di allenatore titolato, da cui avrebbe potuto dettar un po’ più legge invece di cedere alla totale linea aziendalista. 

COSTRUIRE IL NAPOLI SU INSIGNE

Di sicuro arrivare alle 4 partite in pay per view senza acquisti importanti non è un bel biglietto da visita. Non ci fa bella figura il Napoli , Ancelotti e nemmeno Sky. Speriamo arrivino presto specialmente per Insigne. L’unico napoletano del Napoli che vuole vincere e merita finalmente che si costruisca una squadra attorno a lui, per il calcio che da anni dispensa in azzurro.

Salvio Imparato 

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Radio Kiss Kiss, Zeman: “Tifo Napoli. Allegri o Sarri? Sto con Maurizio”

Zeman-Radio-Kiss-Kiss

Zdenek Zeman ancora una volta ospite a Radio Kiss Kiss, nel programma Radio Gol. Ecco le suo parole riportate da Area Napoli.

ZEMAN A RADIO KISS KISS SI PARTE CON LA JUVENTUS 

“I bianconeri sono più forti di tutti. Il Napoli e le milanesi possono migliorare ancora per ridurre il gap”.

ANCELOTTI  ED ELIMINAZIONE

“Peccato per il Napoli, ma i partenopei hanno affrontato squadre di grande valore. La squadra azzurra ha dimostrato di poter competere con tutti. Il Napoli non snobberà l’Europa League. .Carlo ha vinto tutto, spero possa trionfare anche in Italia col Napoli”.

TIFO  NAPOLI

“Per chi devo tifare? Dico Napoli perché c’è Insigne, solo per questo. Gli voglio molto bene”.

MERET 

“Portiere di grande talento, ha dei grandi margini di crescita”.

NAPOLI E L’ESONERO

“Se non mi esoneravano credo che ci saremmo salvati. La squadra non era affatto male, non sicuramente da retrocessione”.

LA FRASE PAGATA CARA

“Dissi: ‘Il calcio esca dalle farmacie’. Da quel momento la mia carriera è stata penalizzata. In qualche modo me l’hanno fatta pagare”.

ALLEGRI O SARRI 

“Sono con Sarri quando dice che bisogna giocare bene per vincere. Il motto che conta solo vincere non mi appartiene”. 86

Hall Of Fame di ISport.cz, da oggi c’è anche Zeman: “Sto per tornare!”

In Italia il suo nome è conosciuto da tutti i tifosi del calcio. L’allenatore Zdeněk Zeman ha guidato club famosi come Lazio Roma, AS Roma o Palermo. Durante il  rilascio della targa dell’Hall of Fame Sport ha riferito di essere in pensione ancora per poco: “Torno. Certo! “

Ha guadagnato l’etichetta di allenatore che vuole il gol e lo spettacolo a tutti i costi anziché accontentarsi di un noioso 1-0 o di un grigio pareggio a reti inviolate.

“Tutti i miei ragazzi hanno sempre sudato – racconta Zeman alla cerimonia Hall Of Fame –  per dare alla gente qualcosa. Il calcio senza emozione non è importante. La cosa importante è quello di far divertite il pubblico, anche quello avversario. E penso di esserci riuscito infatti sono molto famoso in Italia per questa mia caratteristica, ha dichiarato l’allenatore Zdenek Zeman durante la visita alla redazione di Isport.cz , che ha rivelato come nasce la sua passione per il calcio offensivo.

“Quando ero ancora in Cecoslovacchia, ho allenato gli allievi dello Slavia e Vyšehrad. Si giocava sempre con il 4-3-3. Forse mancavano i tagli e più movimento, ma sempre almeno tre attaccanti. Il mio modello è stato l’allenatore Kováč che ha guidato l’Ajax e disse che la miglior difesa è l’attacco. È da li ho fatto mia quell’idea”, ha specificato Zeman, che ha preferito segnare sempre un gol in pi+ dell’avversario.

“Mi piacerebbe sempre vincere 5: 4. A volte sono riuscito a vincere 8: 2 o 7: 1. In serie A non è facile. Non mi piacedi fare un punto come fanno gli altri allenatori per salvare il posto in panchina. Non ho mai giocato per un pareggio, mai per salvare la panchina”, ha detto con orgoglio il famoso allenatore ceco.

Il leggendario Zdeněk Zeman è diventato un membro dell’Hall of Fame di Isport.cz

In passato, tuttavia, ha avuto difficoltà a ottenere panchine a causa della sua onestà e onestà. Ha fortemente criticato le condizioni del calcio italiano ed è stato il primo a mettere in guardia contro il doping. Lo contraddiceva.

 

“I presidenti avevano paura che se fossero stati penalizzati  e che l’intero sistema sarebbe stato contro di noi. Ecco perché non mi volevano “, ha detto Zeman.

Un allenatore popolare ma sofisticato ama guardare i club che hanno uno stile offensivo.

“Mi piace il Manchester City. Guardiola ha cambiato il suo gioco rispetto a  quando era alBarcellona. Il Liverpool anche gioca anche calcio offensivo e mi piace”

Nell’intervista Zeman ha parlato anche dell’ex allenatore dello Sparta.

“Conosco Stramaccioni da Roma. Era  mio fan. A volte mi ha invitato al ristorante. Non è stato molto fortunato in Italia. Ha fatto molto lavoro nelle squadre giovanili e ha valorizzato abbastanza giocatori “.

La sfida più grande, per un allenatore come lui, sarebbe essere ingaggiato per la prima volta nella Repubblica ceca.

“Non credo a breve. Le squadre stanno facendo bene e non devono cambiare i loro allenatori “, ha detto Zeman, aggiungendo, con il sorriso di chi sta tornando presto in panchina. “Torno. Certo! ” 

SALVIO IMPARATO 93

Liverpool-City 0-0: Vince la cura dei dettagli.

Liverpool-City-Guardiole-Klopp

Liverpool-Manchester City è stata una battaglia tattica. La squadra di Klopp e quella di Guardiola hanno dato vita ad un match atipico dal punto di vista dello spettacolo. L’ultima partita prima della pausa della Nations League si è giocata sul filo dei nervi. I due allenatori si sono dati battaglia sul piano tattico. E alla fine hanno prevalso la cura dei dettagli e la concentrazione nel disinnescare i punti di forza legati alla qualità offensiva.

Le due squadre sono arrivate all’ultimo appuntamento (Liverpool-City) di questo intensissimo periodo a pari punti in classifica, con lo scenario di un possibile primo posto in solitaria in caso di vittoria Il Liverpool di Klopp ha mostrato però nelle ultime uscite segnali di stanchezza, sia mentale che fisica. I Reds hanno allungato la rosa nella sessione estiva di mercato, ma il pensiero di dover affrontare, nel giro di dieci giorni, due volte il Chelsea, il Napoli e il Manchester City non ha certamente facilitato valutazioni in questo senso. Fatta eccezione, in parte, per la partita di Carabao Cup decisa dal capolavoro di Hazard, in campo sono scesi praticamente sempre gli stessi calciatori. E il calo di brillantezza e di lucidità può per questo essere definito fisiologico.

NAPOLI-LIVERPOOL

La partita di Champions al San Paolo contro il Napoli ha restituito in primis l’immagine del capolavoro tattico di Carlo Ancelotti. Ma ha anche mostrato un Liverpool decisamente spento per gli standard a cui siamo stati abituati, con gli zero tiri nello specchio che hanno fatto più di una notizia. Impegni così probanti e così ravvicinati hanno inevitabilmente messo a dura prova innanzitutto la possibilità di far rifiatare qualche elemento di rilievo. Poi, come conseguenza diretta, la capacità di correre e far correre il pallone più e meglio degli avversari. E nonostante queste evidenti difficoltà, i Reds hanno ceduto al Napoli solamente al 90′. Hanno condiviso un punto proprio ieri con il City, e avrebbero certamente meritato qualcosa in più allo Stamford Bridge. Da cui è comunque uscito con un punto.

IL PERCORSO DEL CITY

Il Manchester City, invece, è arrivato ad Anfield dopo aver superato, con più di un brivido dopo la sconfitta interna alla prima col Lione, l’Hoffenheim di Nagelsmann in Champions. La squadra di Guardiola non ha dovuto fronteggiare avversari particolarmente temibili in campionato, escluso un Arsenal non ancora rodato alla prima giornata. Calendario molto diverso rispetto a quello del Liverpool, che oltre ai dieci giorni infernali già citati, ha raggiunto i 20 punti in classifica affrontando già il Tottenham a Wembley, il Chelsea allo Stamford Bridge, e il City appunto ieri. Vincendo la prima e pareggiando le altre due.

LiVERPOOL-CITY, LA PARTITA

I 90 minuti di ieri sono stati produttivi per gli appassionati di tattica. Sulla carta abbiamo giustamente sottolineato come lo 0-0 possa definirsi risultato atipico. Cosa difficile da mettere in dubbio. Ma il momento particolare di forma degli uomini di Klopp e la particolare attenzione con cui Guardiola avrebbe approcciato a questo tipo di partita e allo scontro con l’allenatore tedesco, dopo le ultime non confortanti uscite e lo score a sfavore, qualche indizio avrebbero potuto fornircelo.

Sono scesi in campo praticamente i due 11 tipo. Unica novità nel Liverpool in difesa, con Joe Gomez dirottato sulla destra al posto di Alexander Arnold, e Lovren, il migliore in campo, al centro della difesa. Nelle file del City, con De Bruyne sempre fuori e Gundogan indisponibile, spazio a Mahrez esterno alto a destra, con David Silva e Fernandinho mediani.
Liverpool (4-3-3): Alisson; Gomez, Lovren, Van Dijk, Robertson; Henderson, Milner, Wijnaldum, Salah, Firmino, Manè.
Manchester City (4-2-3-1): Ederson; Walker, Stones, Laporte, Mendy; D. Silva, Fernandindo, Mahrez, B. Silva, Sterling; Aguero.

L’avvio di partita ai soliti devastanti ritmi da parte del Liverpool ha dato la sensazione di rievocare parzialmente le ultime uscite ad Anfield tra queste due squadre. Pressing asfissiante, recupero delle seconde palle e verticalità immediata: le armi che hanno da sempre messo in difficoltà anche un signore della tattica come Guardiola. Ma questa volta il piano gara dello spagnolo è emerso con più convinzione e chiarezza. L’occupazione degli spazi da parte dei suoi calciatori è stata esemplare. Una volta assorbita senza sbavature la forza propulsiva iniziale dei Reds, il Manchester City è riuscito a prendere controllo del pallone con maggiore continuità, e a impedire al trio offensivo dei Reds di essere pericoloso con le solite combinazioni. Laporte, in particolar modo, decisamente sugli scudi e perfetto in tutte le situazioni e nelle letture.

La notizia decisamente positiva in chiave Liverpool però, a dispetto delle stagioni precedenti, è legata proprio alla trovata compattezza verticale della squadra, oltre alla solidità difensiva data dalla guida di un colosso come Van Dijk. Questo è il primo aspetto che ha permesso ai Reds di uscire indenni e di far sue partite che, con la stanchezza e la sterilità dell’ultimo periodo, in passato probabilmente avrebbe perso.

Le rette delle due squadre si sono intersecate e hanno finito per annullarsi a vicenda, oscurando le fluide connessioni tra i giocatori e quindi l’alto indice di pericolosità offensiva. Soprattutto nella ripresa, la squadra che ha dato la sensazione di poter avere la meglio è stata quella di Guardiola. I Citizens hanno avuto un controllo maggiore della gara, e con il calo di intensità del Liverpool, hanno iniziato ad uscire con continuità e in maniera pulita costruendo da dietro.

La chiave tattica, in ottica futura, potrebbe forse essere questa. Superare il primo pressing dei Reds. Alzare leggermente il terzino sinistro, asimmetrico rispetto al destro. Cambiare gioco proprio sul lato mancino mandando in fumo il collasso degli uomini di Klopp sul lato palla. Aprirsi il campo colpendo il Liverpool a palla scoperta. La strategia di Guardiola, con Mendy, ha dato la sensazione di aver preso spunto da quella vittoriosa di Ancelotti con Mario Rui.

Il paradosso della prestazione difensiva del Liverpool è arrivato dall’ottima partita di Lovren. Il croato è stato probabilmente il migliore in campo, con 8 duelli vinti, 5 tackles e l’87% di precisione dei passaggi. L’immagine che ogni volta restituisce è quella di un difensore centrale sulla carta completo, ma sempre troppo umorale e istintivo per poter essere veramente definito affidabile. Van Dijk, invece, guida eccelsa del reparto, si è reso protagonista del fallo da rigore su Sanè, poi calciato alle stelle da Mahrez. Curioso constatare come si sarebbero potuti associare arbitrariamente al contrario il dato iniziale e la seconda infrazione.

KLOPP VS PEP

Jurgen Klopp è l’allenatore ad aver battuto più volte Pep Guardiola. Su 15 partite disputate, con il pareggio di ieri le vittorie sono rimaste 8. La vera inversione di tendenza però punta a raggiungerla proprio il tedesco. Arrivare prima del collega spagnolo alla fine del campionato. E prima del Chelsea, del Tottenham e dell’Arsenal. La classifica è fantastica, con Manchester City, Chelsea e Liverpool a quota 20, seguite da Tottenham e Arsenal a 18. Avevamo detto che gli ingredienti per una corsa più elettrizzante ed equilibrata rispetto agli ultimi anni sembravano poter esserci tutti. Per il momento la sensazione è che il campo voglia e possa darci anche qualcosa in più in questo senso.

GIOACCHINO PIEDIMONTE 77

Napoli-Liverpool, Ancelotti si è consolato bene con la coppa del 2003

Napoli-Liverpool

Una delle cose più belle del calcio è essere smentiti o meglio sorpresi da imprese che non ti aspetti. Napoli-Liverpool conferma che Carlo Ancelotti ha la Champions nel sangue. Un po’ come Terence Hill aveva le pallottole nei Due Superpiedi Quasi Piatti.

Re Carlo deve aver preso troppo sul serio la provocazione agli Juventini e con quella coppa del 2003 sembra essersi consolato proprio bene. Un grazie di cuore ai cori dello Stadium. Scherzi a parte, Ancelotti ha preparato Napoli-Liverpool da vecchia volpe, citando Klopp, e ne ha anche letto perfettamente i momenti, annusando anche la possibilità di poter rischiare.

IL CORAGGIO DI RE CARLO

La scelta di schierare un difesa a 4 con un centrale come Maksimovic al posto di Hysaj era inedita da queste parti. L’intenzione era quella di disinnescare il gegenpressing offensivo dei Reds sui due centrali Albiol e Koulibaly. Il risultato promuove la scelta, anche se onestamente il Liverpool, che siamo abituati a vedere, è un pò mancato. I Reds hanno giocato gran parte del match sotto ritmo, senza il supporto del loro famoso pressing ultra offensivo e questo gli ha impedito di cambiare passo.

Si è rivelato un suicidio contro questo Napoli in cui svettano le prestazioni di Hamsik, Rui e un Allan sempre più sontuoso. Attento e compatto anche tutto il pacchetto arretrato, non hanno concesso nulla e raddoppiato i portatori quando ce n’era bisogno. Ma se c’è una caratteristica fondamentale per competere in Champions, quella è il coraggio e Ancelotti ha dimostrato di averne, inserendo Verdi e Zielinski nel finale. Un assetto spregiudicato nel momento in cui sentiva di poter affondare, e conquistare tre punti fondamentali per non sentirsi già condannati all’Europa League.

DIFETTI NE ABBIAMO?

Se si vuole trovare il coraggio di trovare qualche difetto Napoli, va individuato nelle scelte negli ultimi metri. Molti movimenti senza palla, a cercare la verticalizzazione tra le linee, ignorati preferendo il tiro dalla distanza. Il Napoli resta una squadra che tira molto in porta, e anche contro una squadra come il Liverpool un gol è troppo poco dopo. Un dato evidente dall’amichevole contro il Chievo a Trento. A giudicare dalla prestazione di ieri contro i Reds sembra l’unico dato ancora da migliorare.

Ancelotti in pochissimo tempo ha ottenuto risposte sorprendenti, nonostante i tanti cambi testati in questa prima parte di campionato. Ha di colpo ribaltato le sensazioni dello Stadium di Torino e se riesce a migliorare la fase realizzativa, come ha fatto con l’attenzione e i duelli individuali a centrocampo e in difesa, porterà il Napoli ad un livello di consapevolezza superiore. Confermerà di aver sovvertito un sistema rigido in cui la perfezione del collettivo passava solo per alcuni singoli.

IL LEADER CALMO ANCELOTTI COME IL MINISTRO DI NORMAN

Napoli-Liverpool vista subito dopo La Vita Straordinaria Di Norman (film con un grande Richard Gere nei panni del compiacente faccendiere Norman Oppenheimer) consegna un Ancelotti simile al Ministro Micha Eshel. Due leader calmi contrappongono il compromesso al fanatismo, rendendo quest’ultimo vuoto e il primo capace di far sognare come un’impresa di idealismo.

“Cosa preoccupa il presidente, che non ho un messaggio unico? Stasera 50/100 leader di fazioni dichiaratamente avversarie si sono avvicinate a me dicendomi “la appoggiamo”, ciascuno con un programma completamente diverso. Non esiste una cosa come il messaggio unico e chiunque le dica di avere un messaggio unico probabilmente insegna all’università o tiene un blog. Glielo dico io qual’è il mio messaggio unico, io metterò fine a questo conflitto, dicendo si al compromesso, a tutti indistintamente. Perché l’opposto del compromesso non è l’idealismo, non è l’integrità, l’opposto del compromesso è fanatismo e morte. La vita è compromesso, io non solo credo in questo, ma è ciò che sono, ecco perché sono in questa posizione”

 

INSIGNE E I GRADONI 

Una menzione d’onore va a Lorenzo Insigne, sempre criticato eccessivamente, riesce sempre a dimostrare di saper portare il peso schiacciante di questa maglia da napoletano, con la forza di chi non si abbatte di fronte all’ingiustificato scetticismo della su gente e del suo paese. Il risultato è farsi trovare pronto e diventare decisivo nei momenti importanti. Ha segnato al Bernabeu, è uno dei prolifici in Champions ed è il mattatore di Napoli-Liverpool. Per favore non parliamo ancora di crescita, Insigne avrebbe bisogno di chi come Zeman allenandolo in seri c disse: “Lorenzo è più forte di chi gioca attualmente nel Napoli” era il 2010 e gli azzurri volavano con Cavani e Lavezzi. Insigne ha fatto i gradoni, dovrebbero farli tanti tifosi e tanta stampa.

SALVIO IMPARATO 91

Sarri: “Klopp uno dei migliori. Liverpool pronto per vincere”.

Sarri-Klopp-Liverpool

Maurizio Sarri ha parlato in conferenza stampa alla vigilia del secondo match in quattro giorni contro il Liverpool. Qualche riflessione su Hazard e parole importanti per Klopp e la sua squadra.

HAZARD

Sarri esordisce in conferenza stampa rispondendo a domande su Eden Hazard. “Hazard in questo momento non so se è il miglior giocatore al mondo, ma sicuramente è uno dei più forti”. Questa la premessa di Sarri, che si sofferma però su un aspetto in particolare. “Credo che ogni giocatore preferisca giocare piuttosto che allenarsi senza il pallone, è normale. Ma Eden deve avere più continuità dal punto di vista fisico e mentale, perché penso che abbia le carte in regola per migliorare ancora. Può diventare il migliore al mondo già dal prossimo anno, io voglio che lo diventi. E’ molto difficile paragonarlo ad altri calciatori. Per me è un genio e tecnicamente unico”.

PARTITA

Sarri prosegue poi parlando delle aspettative sul match di domani. “Domani sarà un’altra partita, in un’altra competizione, con formazioni completamente diverse. Penso che loro possano aumentare la determinazione dopo mercoledì. E’ stato un match complicato e lo sarà anche domani. Credo che di solito si parta per vincere, sarà una partita aperta ed equilibrata. Fino a questo momento le cose stanno andando abbastanza bene. I ragazzi hanno risposto più velocemente di quanto mi aspettassi, e sicuramente ora non siamo ancora al 100%, ma abbiamo margini di miglioramento sotto tutti i punti di vista. Compreso quello tattico. Giocare con lo stesso avversario nel giro di tre giorni è molto complicato soprattutto dal punto di vista mentale”.

LIVERPOOL

Il tecnico del Chelsea spende poi parole importanti per Klopp e la sua squadra. “Klopp è certamente uno dei migliori allenatori al mondo in questo momento. Ha fatto molto bene l’anno scorso con questi giocatori, e credo che ora siano pronti per vincere. Che sia la Premier o la Champions, ma sicuramente qualcosa di importante.
Noi abbiamo un calendario complicato, ma anche per loro la settimana è delicata e importante. Dopo la partita di domani andranno a Napoli per la Champions, e il San Paolo non è uno stadio semplicissimo, e poi avranno il City”.
Per Sarri anche una battuta a questo proposito sulla strada che il suo Chelsea potrebbe tracciare al Napoli in vista del match di mercoledì. “Penso che il Napoli conosca benissimo il Liverpool. Mercoledì ho visto qualcuno del Napoli (sorride), quindi li stanno seguendo e conoscono già sicuramente tutto”.

INFORTUNI E SITUAZIONE CAHILL

Panoramica anche sulla condizione fisica di alcuni giocatori e sulle parole recenti di Cahill, che avrebbe manifestato la volontà di essere ceduto a gennaio. “Christensen non si è infortunato mercoledì, ha avuto solo un problema di stomaco durante la partita. Pedro si è allenato solo nella seconda sessione di allenamento di ieri, così come Rudiger e Loftus Cheek. Dobbiamo valutare nell’ultimo allenamento, ma la situazione è migliore rispetto a 3-4 giorni fa. L’unico giocatore che ho dovuto far giocare e che forse avrebbe potuto riposare è Kovacic. L’infortunio di Loftus è stato un problema anche per questo”.
Sarri commenta poi le dichiarazioni recenti di Cahill e la situazione attuale. “Ho parlato con Cahill, penso che abbiamo davanti i mesi di ottobre, novembre e dicembre. Deve aspettare. Dobbiamo aspettare. Sono molto soddisfatto della prestazione di Gary di mercoledì, per me è un giocatore utile. Gennaio è ancora lontano. Vedremo”.

FORMAZIONE

“Per Rudiger e Pedro dobbiamo attendere l’ultimo allenamento per valutare. Le possibilità però ci sono soprattutto per il primo. Possiamo eventualmente giocare con Willian sulla destra, che è un altro grande giocatore che contro il West Ham ha fatto molto bene. Ma possiamo eventualmente anche spostare Eden lì. Il suo ultimo gol è arrivato proprio da quel lato lì, quindi non credo che ci siano problemi in questo senso”.

GIOACCHINO PIEDIMONTE

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Premier League, panoramica della stagione 2018-19

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La Premier League 2018/2019 sembra aver disposto tutte le carte in modo tale da rendere l’esito finale meno a senso unico rispetto alle due annate precedenti.

Se da un lato possiamo mettere in discussione quanto appena detto esponendo la regola del “non c’è due senza tre” e sottolineando come proprio le due stagioni prese in esame siano partite con le stesse premesse, poi tradite dal campo, dall’altro è lecito pensare che il dominio incontrastato del Manchester City quest’anno possa essere messo alla prova in maniera più concreta almeno dal Liverpool,  assoluto protagonista del mercato in entrata. La squadra di Pep Guardiola è forse ad oggi la squadra più accreditata alla vittoria della Champions League. Questo potrebbe portare l’allenatore spagnolo a puntare più su quest’ultimo obiettivo, che non alla vittoria finale della Premier League.  Fermo restando che con la lunghezza e la qualità della rosa a disposizione, l’idea di poter raggiungere entrambi gli obiettivi e di arrivare nel momento topico della stagione in corsa su tutti i fronti è assolutamente alla portata

IL LIVERPOOL DI KLOPP

La squadra di Klopp ha esposto radicalmente l’ambizione a cui il solido progetto a lungo termine partito tre anni fa intende arrivare. I Reds, sotto la guida del tecnico tedesco, sono cresciuti costantemente sia dal punto di vista del gioco che dei risultati. Le due finali europee messe a referto, purtroppo perse, ne sono una chiara testimonianza.  Sia per il modo e che per le prestazioni a contrassegnarne il percorso. Sciolto finalmente e con ingiustificato ritardo il nodo portiere, con l’arrivo di Alisson, allungata quantitativamente e qualitativamente la rosa grazie a Fabinho, Naby Keita e Shaqiri, e affidate le chiavi della difesa all’imprescindibile Van Dijk, le premesse e le intenzioni sembrano piuttosto chiare e credibili. Salah, Manè e Firmino saranno chiamati a replicare o addirittura migliorare gli spaventosi numeri della scorsa stagione. Robertson e Alexander Arnold appaiono vestiti sempre più su misura dall’idea di calcio di Klopp. Joe Gomez invece sembra avere tutte le carte in regola per spodestare il non sempre affidabilissimo Lovren dalla casella di secondo centrale difensivo.

TOTTENHAM

Particolare attenzione ha poi sicuramente destato il Tottenham. Gli Spurs sono la prima squadra dal 2003 (anno in cui è stata introdotta la sessione estiva), a non aver effettuato nemmeno un’operazione di mercato, sia in entrata che in uscita. Guardando all’inizio di questo campionato e in particolar modo a quello di Lucas Moura, riesce però molto semplice pensare che un solo ma importantissimo acquisto, seppur attingendo alla sua stessa rosa, la squadra di Pochettino l’abbia comunque fatto. Il brasiliano può realmente essere l’uomo in più di quest’anno, considerando che l’assenza di Son, da sempre uno dei punti fermi, non è passata in secondo piano solamente per motivi extracalcistici, che per fortuna sua e degli Spurs si sono risolti nel miglior modo possibile. Il sacrificio economico per realizzare il nuovo stadio che verrà inaugurato proprio in questa stagione è stato sicuramente il motivo principale della fase di stallo di questa sessione di mercato. Pensare a dove il Tottenham possa effettivamente arrivare è legato ai soliti interrogativi. I margini di miglioramento che questo gruppo dimostrerà ancora di poter avere, sia in Premier che in Champions, e la crescita mentale di una squadra in grado ormai di giocare divinamente su qualsiasi campo, ma forse non ancora pienamente matura per certificare sempre la supremazia territoriale con il risultato e per portare a casa le partite meno brillanti dal punto di vista della prestazione. Se Pochettino, che già ha dimostrato di essere uno dei migliori allenatori in circolazione, riuscirà a trovare le risposte, l’asticella di questo gruppo potrà alzarsi ancora una volta.

IL CHELSEA DI SARRI

Le luci del palcoscenico di questa competizione sono abbastanza forti da poter illuminare efficacemente anche il nuovo Chelsea targato Maurizio Sarri. La posizione in classifica dopo queste prime quattro giornate, unite all’indiscusso valore assoluto della rosa e alla possibilità di vedere quest’ultima perfettamente inserita nel rigido sistema dell’ex allenatore del Napoli, lasciano presagire un campionato dai numeri e dalle soddisfazioni importanti. Analizzando le prime uscite stagionali risulta abbastanza evidente che la mano del tecnico inizia a dare i primi frutti. Diversi aspetti del gioco, tra cui sicuramente la volontà di dominare il possesso e di superare le linee di pressione costruendo dal basso e provando a smistare velocemente il pallone con l’obiettivo di verticalizzare al momento opportuno. Gli automatismi difensivi sono ancora da limare.

HAZARD E PEDRO L’ARMA IN PIU’

I dubbi più forti sono legati principalmente alla tenuta mentale e alla concentrazione che riuscirà a dimostrare David Luiz. Rudiger invece dà la sensazione di poter mettere in mostra i suoi enormi mezzi fisici e atletici sia nel difendere in avanti che nel rincorrere gli avversari all’indietro qualora i movimenti della linea non dovessero essere perfetti. La classifica per ora dice punteggio pieno.  L’idea di calcio di Sarri si sta già intravedendo. E’ doveroso aggiungere però che il punto esclamativo su gran parte delle gare giocate non sarebbe probabilmente arrivato senza l’imprevedibilità e il tasso tecnico di calciatori come Hazard e lo stesso Pedro. Le caratteristiche dello spagnolo si sposano benissimo con il nuovo sistema di gioco, ma l’evoluzione e l’eventuale riuscita di questo progetto tecnico passeranno molto anche dalla capacità da parte di Sarri di capire che determinate individualità necessitano sempre delle chiavi grazie alle quali poter uscire dalla gabbia di schemi rigidi e codificati nei momenti topici delle gare. Spiegare l’importanza di Jorginho è abbastanza superfluo. Una delle cose più interessanti è sicuramente il nuovo compito a cui viene chiamato Kantè. I paragoni dal punto di vista tattico con Allan già si sprecano. Kovacic ha la grande occasione di dare finalmente una forma definita al suo enorme e inespresso talento. Marcos Alonso è ormai a tutti gli effetti uno dei migliori laterali mancini al mondo. La sorpresa è Willian, che sembra esaltarsi nel gioco del toscano. Il gol del 4-1 contro il Cardiff né un esempio lampante.

ARSENAL E IL RISCATTO DI EMERY

Dopo il fallimento alla guida del PSG, Unai Emery ha l’occasione del riscatto alla guida dell’Arsenal. Una squadra e una società che, succube probabilmente dell’incapacità da parte di Wenger di comprendere che il suo ciclo fosse finito già da qualche anno, è riuscita finalmente a ripartire puntando su un nuovo progetto tecnico. L’ambiente per l’allenatore spagnolo è quello ideale. Nessun tipo di pressione per quanto riguarda traguardi e risultati immediati, tempo a disposizione, e calciatori ai quali poter trasmettere il suo credo calcistico. Le possibilità di vedere un calcio veloce, verticale e di qualità non sono poi così basse. Il ciclo ha appena varcato la soglia dell’Emirates e la pazienza assolutamente necessaria per provare a costruire qualcosa che possa poi rendere il futuro credibile e ambizioso. Occhio a Guendouzi, centrocampista arrivato dalla Ligue 2 e lanciato a sorpresa titolare in mezzo al campo.

SPECIAL ONE AI TITOLI DI CODA?

Il matrimonio tra Mourinho e il Manchester United sembra invece sul punto di terminare ogni giorno che passa. Cercare di capire quali possano essere le reali aspettative di questa stagione per i Red Devils è in questo momento molto complicato. Sarebbe veramente un peccato però che la carriera di un tecnico che è stato grandissimo e che è di diritto nella storia di questo sport, ma che dalla mancata Decima con il Real allena quasi formalmente, possa chiudersi con una piega così disastrosa.

WEST HAM ED EVERTON

Le realtà di medio livello interessanti come ogni anno non mancano all’appello. Guardando esclusivamente agli organici, le due squadre che sulla carta potrebbero dire la loro subito dopo le migliori sono sicuramente il West Ham e l’Everton. Se l’inizio degli Hammers è stato disastroso sotto quasi ogni punto di vista, quello dell’Everton sembra invece rispecchiare maggiormente le importanti aspettative. Marco Silva, non poteva scegliere forse squadra e momento migliore di questo per trovare conferme e prendere il volo. L’arrivo di Richarlison, possibile crack di questa stagione, sponsorizzato proprio dal tecnico portoghese, è un buon punto di partenza.

BOURNEMUTH, LEICESTER E FULHAM

Un’attenzione di riguardo, oltre al solito Bournemouth di Eddie Howe e all’ottimo organico del Leicester, merita il neopromosso Fulham di Jokanovic. Una squadra dalla mentalità propositiva e dal gioco molto interessante, portata a non snaturarsi quasi mai a prescindere dall’avversario. Attorno alle figure del nuovo acquisto Seri, Schurrle, Mitrovic e soprattutto del giovanissimo Sessegnon, può costruire una stagione tutt’altro che anonima. In linea con la sua storia, la speranza è che il Craven Cottage sia tornato nel regno della Premier per restarci. Menzione, infine, al sorprendente Watford dello spagnolo Javi Gracia, a punteggio pieno. Insieme a Liverpool e Chelsea dopo quattro giornate, e capace di superare anche il Tottenham nell’ultimo turno. La squadra ha per ora impressionato per compattezza, organizzazione di gioco e capacità di rendersi pericolosa. Il campionato è appena iniziato, ma gli ingredienti per una stagione di personalità sembrano esserci.

LOTTA SALVEZZA

La lotta salvezza sarà combattuta come al solito, e ad eccezione del Cardiff, forse la meno attrezzata in questo momento per rimanere nella massima serie. La lotta vedrà coinvolti diversi personaggi, che ora è decisamente troppo presto per delineare. Terribile l’inizio del Burnley, che dopo il grandissimo campionato dello scorso anno, è uscito ai preliminari di Europa League. Ha perso tre partite su quattro. L’insolita vulnerabilità difensiva mostrata in queste prime uscite non fa altro che rimarcare come proprio la solidità e il reparto arretrato abbiano costruito gran parte delle fortune della scorsa stagione. Il Wolverhampton, vincitore della Championship, può dire la sua sfruttando il fattore campo. Propone un calcio tecnico e di posizione, frutto dell’ottimo lavoro di Nuno Espirito Santo e di un organico che ha come prima lingua il portoghese.

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