Commentare a caldo lo schizofrenico pareggio degli azzurri al Dall’Ara avrebbe represso il significato che il risultato porta con sé. Bologna-Napoli 1-1, segnale dal futuro? Un X dall’ampio respiro “Con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.
1. Rino
Il calcio di Rino Gattuso è perfettamente antitetico rispetto al suo modo di stare in campo. Fraseggio insistito e la qualità al potere. Giusto un incontrista per garantire l’agognato equilibrio. La densità tecnica al centro: tre a centrocampo e due rifinitori a piedi invertiti sulle fasce. Questi ultimi, con licenza di stringere al centro e imbeccare la punta che attacca meravigliosamente la profondità. Prima Cutrone, poi Piatek, analfabeti del gioco corale, hanno issato il vecchio cuore rossonero Gattuso ad un 1 punto dalla Champions League, che per il Milan avrebbe voluto dire di questi tempi Scudetto.
L’idea di replicare la sua idea di calcio persiste anche a Napoli. Anzi, presso il golfo il vecchio medianaccio calabrese intravede moltiplicatori di opportunità tattiche e tecniche. Castevolturno, centro sperimentale permanente. L’aspirazione, ad esempio, è portare la linea della difesa partenopea ad un’altezza media ben più alta di quella a cui teneva Romagnoli, Musacchio, Calabria e Ricardo Rodriguez. E già manca, qualcuno sussurra, il libero che sappia guidare la linea sull’uscio del centrocampo, con le dita dei piedi cioè appena sporgenti sulla cima di un dirupo. Manca Albiol… eh già!
I nomi che il mercato propone, come il già acquistato Rrahmani esemplifica, enucleano prototipi di stopper. Non c’è nulla di sconfortante ad immaginare una coppia di marcatori ma il baricentro a quel punto dev’essere basso. In tal modo verrebbe consentito ai Manolas di turno di esaltarsi nel piccolo spazio gladiatorio dell’area di rigore, nella quale i riferimenti dell’uomo e della palla sono più semplici da seguire.
Perciò si è già richiesto a Rino di adattare ben presto i suoi schemi ai calciatori in rosa e non viceversa, salvo ulteriori stravolgimenti di mercato. Di certo, la conferma da una parte di Mertens e la ricerca dall’altra di un calciatore con le caratteristiche Osimhen spiegano peraltro la ricerca da parte del mister di una profondità di campo e di gioco che il belga non può più garantire. La domanda, tuttavia, sorge spontanea: chi arriverà riuscirà a mettere in panchina “Ciro” Dries?
2. L’attacco della profondità
Visto che la domanda da ultimo posta risulterebbe ai più retorica, bisognerebbe domandarsi allora chi sarà deputato ad attaccare la profondità offensiva in questa squadra, stante l’intoccabilità anche di Lorenzo Insigne? Il capitano che inoltre non ricorda propriamente Mané. L’invecchiato Callejon? Beh, la spagnolo ha costruito una carriera sulla scientifica aggressione dello spazio alle spalle della difesa ancorché minuscolo ma anch’egli ormai sulle lunghe distanze ha perso fibra muscolare. José Maria cerca la più tranquilla soluzione della palla sui piedi.
Se Politano è un ibrido che non consiglia per sé altro ruolo se non quello della panchina, si torna al capzioso Lozano. Il messicano snobba il palleggio reiterato e carica a testa bassa. Talvolta si perde in una drastica solitudine, talaltra si ritrova in un’enfasi donchisciottesca. Eppure sembra l’unico in grado di aggredire le difese avversarie in campo aperto; d’inseguire un disipegno chilometrico per alleggerire la pressione avversaria.
Nel frattempo le indiscrezioni avvicinano Callejon al rinnovo. Altre trattative di mercato raccontano invece di un Napoli interessato a calciatori che giocano a destra ma di piede sinistro che vogliono la sfera sovente nel loro possesso. Così ci si domanda chi al fianco d’Insigne e Mertens attaccherà mai la profondità? E perché no Lozano in un ipotetico terzetto offensivo titolare? Osimhen o chi per esso, Politano e un alterego di Lorenzinho un attacco di riserva, dove però l’attacco della profondità verrebbe deputata all’attaccante centrale.
3. Bologna-Napoli 1-1
Il pur inesperto Bologna, infatti, fin quando ha dovuto fronteggiare un Napoli resistibile ma possibilitato grazie al movimento di Politano e Lozano a servirli nello spazio, ha balbettato. Il pressing felsineo, che fa le fusa all’orobico, produceva effetti a singhiozzo. I cervellotici cambi di Gattuso (Insigne per Lozano; Callejon per Politano) hanno però tolto dal match coloro i quali per le ragioni suddette erano stati i migliori della partita.
I tre moschettieri azzurri, nonché anche titolarissimi dell’attacco di lungo corso, con la predisposizione a esarcebare il possesso palla nella propria metà campo, non piazzando alcuno scatto degno di nota alle spalle della retroguardia rossoblu, hanno consegnato il raccolto alle giovani cavalette bolognesi. Le quali con il decorrere del tempo hanno rischiato pure di vincere l’incontro, guidate com’erano dall’ape regina Palacio. 38 anni e ringiovanire all’accorciare di una treccia sempre più corta.
3. Il centrocampo
E quando la pressione in avanti degli avversari è duratura, organizzata, costante; quando la punta centrale non è capace di far salire la squadra o le ali non hanno la benzina per scattare in avanti e costruire linea di passaggio per l’occhio del centrocampista, quest’ultimo si ritrova da solo a giocare all’impiccato. Tra l’incudine e il martello della prima e della seconda linea di pressing.
Una fornace della mediana, che per la pigrizia degli avanti partenopei di preoccupare con movimenti senza palla le retroguardie contrapposte, ha cotto Diego Demme. Il tedesco ultimamente in affanno laddove gli venga richiesto di interpretare la regia di Jorginho. L’ex Lipsia, che in realtà salomonicamente organizza tatticamente, tramite arguta diligenza, l’assedio della porta in cui segnare, è più simile a Fabinho.
Di fronte a cotanta inerzia momentanea, ad un possesso palla così statico e arretrato e forse ad una volontaria remissione dell’attacco alla profondità, Sky rilancia la notizia dell’ascesa di Lobotka per le prossime partite. Presto spiegato: lo slovacco, dotato nel suo condurre le operazioni di dribbling e sterzate, crea immediatamente superiorità numerica in mezzo al campo. Il cooptato di Hamsik, artico nel sangue, aggira personalmente e con poca coscienza la prima pressione avversaria, liberando il campo alla trama partenopea.
Se però la preferenza vira sul regista Stanislas, andrebbe affrontato il discorso della sua compatibilità con la coppia titolare di mezz’ali titolari, Fabian Ruiz e Zielinski. Chi rincorre gli avversari? E, quanto in termini di sviluppo della manovra, Rino pagherebbe dazio preferendo negli 11 titolari un mediano di lotta all’astrale Fabian Ruiz?
Napoli-Bologna sarà finita in pareggio anche per una carenza di motivazioni degli azzurri ma le contraddizioni tattiche resistono. Segnali dal futuro da non sottovalutare.
Massimo Scotto di Santolo