“Dalla A alla Zeman”, la rubrica del Maestro sulla Gazzetta Dello Sport

Da oggi parte ufficialmente una rubrica tenuta da Zeman sulla rosea. “Dalla A alla Zeman”, il Maestro decide di iniziare dalla lettera C.

Dalla A alla Zeman

C COME COVID

Un giorno quando faremo i conti, speriamo definitivi, delle vittime del Covid, dovremo aggiungerne una, che non è fatta di carne ed ossa, ma è una parte di ognuno di noi. E si chiama passione. Passione per quello che più amiamo e che la pandemia, il lockdown, la reclusione in casa e il distanziamento ci hanno impedito di vivere liberamente. Saremo in grado di riconquistarla, di tornare al punto di partenza? Di mandare indietro il nastro e ricominciare tutto come prima? E’ passato un anno da quando la parola Coronavirus si è affacciata nelle nostre vite, cambiandole. Un anno di sofferenza, paura, lacrime e problemi. Il mondo sta vivendo sotto una cappa e quello dello sport non è stato immune. 

Anzi credo sia stato tra le attività più penalizzate. Perché cosa più dello sport vive di passione? Ho sempre interpretato il calcio come un incredibile generatore di emozioni e di passioni, e il mio obiettivo principale da tecnico è stato sempre quello di divertire e regalare gioia a chi veniva a vedere la partita, cercando il risultato sempre attraverso lo spettacolo e il rispetto delle regole. Per questo, per me, il calcio senza i tifosi, che sono i fruitori, non esiste. E quello che stiamo vivendo adesso non può che essere solo una parentesi.

GLI STADI COME ACQUARI

Dentro gli stadi sembra di stare in un acquario senza tifosi sugli spalti, senza la gioia, la disperazione, i rumori, i cori, le sciarpe e le bandiere. I bar chiusi e l’impossibilità di incontrarsi per strada e nelle piazze hanno tolte le vecchie dinamiche che muovono il calcio, le chiacchiere tra amici, le discussioni, gli sfottò e le polemiche. Noi parliamo sempre del pallone legato ai massimi campionati di A e di B ma il calcio, dalla parrocchia alle partite per strada con un pallone sgonfio, resta prima di tutto un grande aggregatore sociale e culturale.

Temo che un anno per i ragazzi, dai campetti minori ai settori giovanili alle scuole calcio, senza poter giocare, allenarsi, vivere il pallone come momento di condivisione abbia portato tantissimi giovani a trovare altri hobby e passatempi. A chiudersi magari davanti a computer e cellulare, a vivere relazioni digitali. Un problema di cui forse pagheremo il conto in futuro in Italia e all’estero, con un calo consistente della partecipazione giovanile.

IL CAMPIONATO ATTUALE

Il campionato che stiamo vivendo quest’anno non può definirsi falsato, ma di certo è fortemente condizionato dalla pandemia. Così come condizionati devono essere i giudizi. Applausi e meriti a chi è riuscito tra grandi difficoltà a trovare un equilibrio, una costanza e una concretezza, ma chi non c’è riuscito ha di certo molti alibi. Difficile giudicare in modo netto e criticare in modo circostanziato. Società, allenatori e giocatori, tutti sono stati frenati. Non è facile vivere una stagione così: tra controlli continui, casi Covid che tolgono la disponibilità degli atleti da un momento all’altro e creano disagi, tensioni, distrazioni e preoccupazioni.

PREPARARE UNA GARA IN ERA COVID

Pensate come sia preparare una gara quando il giorno prima hai avuto uno o due casi, scatta l’allarme, si devono tamponare tutti, crescono le paure di chi teme di aver contratto il virus o aver contagiato i propri familiari. I tecnici sono spesso costretti a fare anche gli psicologi. I giocatori hanno timori anche perché magari non tutti i compagni si comportano nella stessa maniera e con la stessa professionalità. A questo aggiungiamo i fattori esterni perché il rendimento in campo degli atleti non può non risentire dell’assenza di pubblico, degli applausi, dei fischi, dell’adrenalina che cala in un impianto vuoto. Infine le società… “Dalla A alla Zeman” completa sulla Gazzetta Dello Sport.

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