Oggi ho il piacere di intervistare Giancarlo De Andreis, scrittore e giornalista, da anni ormai, autore di successo della fortunata trasmissione, condotta da Milly Carlucci, Ballando Con Le Stelle. Romanista e Zemaniano ha pubblicato un bellissimo libro dedicato alle sue due grandi passioni, la Roma e Zdenek Zeman, dal titolo “4-3-3 un’altra visione della vita”, con lui oggi parliamo di Napoli-Roma, Zeman e la sua visione della vita 4-3-3
Ciao Giancarlo innanzitutto grazie e in bocca al lupo per la nuova stagione di Ballando con le Stelle. Napoli-Roma è una partita dai tanti ricordi e intrecci, anche zemaniani. A me ricorda la mia prima volta allo stadio San Paolo, Maradona contro Falcao, la prima e l’ultima Roma del mio allenatore preferito, Zeman, che coincideva con la prima retrocessione del Napoli. A te cosa ricorda, cosa suscita?
A me ricorda tanto gli anni del gemellaggio tra Roma e Napoli, quando andare allo stadio a vedere Roma-Napoli era una cosa bellissima. Mi ricordo una volta in curva sud eravamo tutti mischiati, segnò Pruzzo e poi pareggiò per loro Speggiorin, quando segnammo noi esultammo, segnarono loro ed esultarono e uscimmo tutti tranquilli, una sensazione bellissima e poi ho tanti amici a Napoli, venivo tranquillamente a vedere la partita nei distinti e potevo dire tutto tranquillamente, sempre con educazione, addirittura una volta in curva B. Poi è successo qualcosa tra le due tifoserie e si rotto quello spirito bellissimo, ed é diventata da quel punto di vista una partita tremenda. Spero non si offendano i napoletani, ma io mi sento loro cugino, Napoli è Totò, Troisi e Eduardo, Roma è Sordi e Verdone, tutti legati a stretto filo. Si è persa un po’ quella festa che è anche nello spirito zemaniano, quella filosofia al di là delle vittorie, dove si scende in campo per cercare di esprimere un calcio eccezionale, a volte riesce e a volte no, ma è quello che incarna il Roma-Napoli dei miei sogni. Spero si possa tornare a quei giorni e superare queste stupide e assurde derive.
Si affrontano Sarri e Di Francesco, due tecnici legati al 4-3-3, il modulo dogma di Zeman. Il toscano, ad oggi, è quello che riesce ad interpretarlo meglio, vedi delle similitudini tra il calcio di Sarri e quello di Zeman e quali sono secondo te le difficoltà che sta affrontando Di Francesco?
Sarri è stato bravissimo, non partiva con il 4-3-3, ma poi ha capito che per sfruttare al meglio Insigne, che per me è il miglior talento del calcio italiano, doveva passare a quel modulo. C’è molto del calcio di Zeman, ma Sarri lo ha condito con un bel possesso palla e una consistente solidità difensiva. Un grande merito va anche al presidente De Laurentiis, so che a Napoli qualcuno lo contesta ma è stato bravo a lasciare la stessa squadra a Sarri senza smembrarla, ha fatto pochi acquisti e mirati. Lo stesso non si può dire della Roma di Di Francesco, non gli hanno lasciato la stessa squadra dell’anno scorso e hanno fatto una campagna acquisti, ad oggi, fallimentare. Schick forse diventerà un grande giocatore ma ad oggi non gioca, poi hanno preso un terzino rotto come Kasdrop, quindi anche un po’ di sfortuna, e poi hanno preso Under che finalmente dopo mesi ha fatto tre buone partite. Di Francesco per me resta uno bravo, ha dimostrato di essere duttile provando a cambiare modulo, ma non era quello il problema, dopo il buon inizio è successo qualcosa. Sarri ad oggi se fa il calcio più bello d’Italia è perché è stato sostenuto da società e squadra, anche a Di Francesco andrebbe dato il tempo necessario unito a giuste scelte societarie.
Come stai curando la zemanite? L’ultima sua Roma è stata una bella ferita per tutti gli zemaniani, poteva forse oggi essere insieme al Napoli un’alleata della bellezza calcistica, imputi qualcosa al Boemo in quella gestione?
Zeman è un allenatore che adoro, ma ha i suoi limiti, un po’ nella gestione dei rapporti e un po’ nel suo stile di approcciare al mercato. Nel suo ritorno a Roma, dove non ha fatto male valorizzando Lamela, Marquinhos, Florenzi e Romagnoli, Totti si è rimesso in forma, non si è imposto sul mercato accontentandosi di Piris, Burdisso, Castan e un Balzaretti rotto, e non ha gestito al meglio il rapporto con De Rossi, anche se oggi si è ormai capito che non era un regista ma un grande difensore. Ha fatto grandi partite, arrivando anche in finale di Coppa Italia, purtroppo non è riuscito a concludere la stagione, mi ricordo un Catania-Roma, perdemmo con un gol di Gomez, ma se fosse finita 0-5 non avremmo rubato nulla. Nelle sue ultime stagioni in A ha fatto grandi partite dove ha dato ancora delle lezioni di calcio, due volte a San Siro contro l’Inter, due bellissimi 4-2 contro Milan e Fiorentina e il bel 0-4 all’Empoli di Sarri, purtroppo se poi però le sue squadre decidono di non voler fare per lui quel metro, quello scatto in più va tutto a rotoli. Ora gli anni avanzano forse il grande treno l’ha perso, ma una squadra da scudetto non l’ha mai avuta.
Oggi a Napoli il sarrismo è più forte di prima, dopo la corrente zemaniana è nato un fanatismo simile, il tuo libro 4-3-3 lo consiglieresti ad un sarrista come guida alla gestione del fanatismo?
Lo consiglierei ai tifosi, a chi vive con passione la propria squadra lontano da quello slogan criminale “vincere è l’unica cosa che conta”. Noi tifosi di Roma e Napoli abbiamo più perso che vinto e nel caso puntiamo a farlo attraverso la bellezza, come per esempio è successo a voi con Maradona, quelle vittorie si ricordano e rimangono nell’immaginario collettivo, sfido chiunque a ricordarsi il 15° scudetto della Juventus anche il Milan ha vinto tanto, ma tutti ricordano l’unico scudetto di Sacchi culminato con l’applauso del San Paolo. È qui che Sarri è simile a Zeman, più che nel calcio nella filosofia di raggiungere le vittorie attraverso la bellezza, poi Zeman ha anche il fascino del perdente, ma se andiamo ad analizzare ha vinto più di tanti rispecchiando il nostro DNA di voler vincere stupendo e far innamorare tutti.
SALVIO IMPARATO
