L’addio al calcio giocato di Mascherano, un grandissimo del calcio del 2000. Ecco il ricordo del calciatore conosciuto come El Jefe, il Capo.
1. Il Capo
Oggi si ritira dal calcio giocato Javier Mascherano.
EL Jefe, il capo, per 10 anni del calcio Europeo.
El Jefecito, soltanto per gli amici, ma ci si immagina che durante i match non avesse conquistato poi tutte queste amicizie.
Scudiero di Messi, capitano senza fascia della Selecciòn, baluardo di un calcio valoroso.
Tackler duro e non necessariamente pulito, mediano metodista anche di costruzione.
2. L’avvento in Europa di Mascherano
Javier giunse in Europa con Carlitos Tevez durante una ricchissima campagna acquisti invernale del West Ham.
Gli hammers però rischiarono nonostante gli investimenti la retrocessione, che fu evitata proprio dalle giocate dei due argentini.
Due Sir del calcio, Alex Ferguson e Rafa Benitez, separarono i due gemelli diversi.
Il primo acquistò per conto del Man Utd Tevez; il secondo in nome del Liverpool Mascherano.
Rafa Benitez trasformò il centrocampista di scuola River Plate da randellatore impunito del Barrio a guardiaspalle coscienzioso del principesco Xabi Alonso. Con quest’ultimo e Gerrard l’argentino costituì il centrocampo più punk di sempre del calcio. Sonorità consacrate ai posteri conseguendo una finale Champions poi persa ad Atene contro il Milan.
3. Mascherano e il calcio totale
L’ambiente catalano del Barcellona, invece, ha insegnato a Mascherano la comprensione anticipata del gioco e il modo di vincere. Così recettivo, il ragazzo, che evolvé stavolta in difensore centrale benché la sua altezza non fosse particolarmente slanciata.
E da libero, al fianco di Piquè, ne ha vinti 17 di trofei. Javier restituì, inoltre, ai Blaugrana la tenacia e la pulizia d’uscita palla dell’indimenticato e storico capitano Charles Puyol, difensore centrale veloce e tempista. Anch’egli non dotato di troppi centimetri.
Un processo di arretramento che ha avuto origine quarant’anni prima, quando Haan, nota mezz’ala della gold generation olandese, scalò sulla linea di difesa per volere di Rinus Michels proprio per migliorare il giro palla della nazionale olandese sin dal principio dell’azione. Michels che attraverso Cruijff ha influito su tutto il modello calcistico che oggi al Camp Nou possiamo ammirare.
4. Mascherano e la Selecciòn
Al fianco di Messi e dei suoi compagni di spogliatoio, Mascherano è divenuto un jugador compiuto sia di testa che di cuore; perché giocare a pallone significa fare tutto ciò che è nelle proprie possibilità per vincere la partita, sosterrebbe Javier.
Ad esempio, anche divellere il proprio ano pur di difendere la qualificazione alla finale mondiale ormai per la sua Argentina prossima; oppure, sognando tutti i giorni di essere Messi, accettare di vivere come suo personalissimo bodyguard purché la Pulce valorizzasse calcisticamente la sua vicinanza fedele e quella di tutti gli altri membri del club. I partecipi scelti, ovviamente, secondo coerenza e lealtà dallo stesso Mascherano.
Alla stregua di ogni eroe romantico, il pathos che ha impresso sulla cancha lo ha consacrato a ganador proprio con addosso le maglie che ha amato meno, mentre relegato a perdedor dall’albo d’oro della Selecciòn con la quale Mascherano non ha vinto alcunché. Vani i suoi tentativi di accorciare le immense distanze che i talenti offensivi argentini ponevano tra la propria presunzione e gli obiettivi di squadra fino addirittura a desertificare le possibilità di trionfo della stessa Argentina. Javier come un Tuareg a vivere tra le dune di questo deserto e a solidificare in realtà le oasi di estro e fantasia degli attaccanti.
Massimo Scotto di Santolo
