Napoli-Milan 1-3: il diavolo veste Ibra

Un Napoli stanco e tatticamente sconclusionato presta il fianco alle ripartenze di una squadra ottimamente contropiedista e pratica, ma lunga e vulnerabile, il Milan. I rossoneri mai eccezionali all’infuori di Ibra, il quale però basta e avanza per vincere al San Paolo questa classica Napoli-Milan

1. Un 424 troppo stanco e occupato, davvero Gattuso lo nominò invano

Napoli-Milan, Gattuso sceglie un Napoli poco equilibrato, schierando quattro punte d’attacco e un solo centrocampista di quantità, Bakayoko. L’ex mediano milanista peraltro debilitato da una breve quanto intensa influenza. La stanchezza dei giocatori chiave del Napoli, a causa dei viaggi al seguito delle nazionali o di contrattempi di salute, ha impedito che potessero reggere fisicamente lo squilibrio tattico proposto dal proprio allenatore.


Le intenzioni di Rino erano assolutamente in buona fede: sorprendere il Milan che ha la tendenza ad allungarsi e a lasciare la mediana e la linea di difesa a cantare la messa in solitaria contro gli avanti avversari. L’esporsi ai contropiedi di cui il Milan sta diventando maestro. I trequarti rossoneri hanno una grande gamba. La scelta dunque di abbandonare Chalanoglu con Rebic e Ibra sopra la linea della palla diviene un rischio calcolato.


Tuttavia, pagato a caro prezzo per colpa delle distrazioni perpetrate dai calicatori azzurri, in primis Di Lorenzo, Fabian Ruiz e Koulibaly, dal cui lato rispettivamente hanno avuto luogo le azioni dei tre gol e l’espulsione di Bakayoko. Quest’ultima è, insieme alle tardive sostituzioni, l’ultimo tassello con cui Gattusso ha completato il puzzle della sconfitta da lui magistralmente architettata.

Infatti, riconducibile alla distrazione dello staff tecnico non cambiare l’unico uomo di quantità della mediana durante una fase del match in cui gli spazi si erano aperti e le possibilità di dover provvedere a un fallo tattico da giallo aumentate esponenzialmente; almeno quanto non aver calcolato le giuste tempistiche dei cambi e non aver potuto quindi operare il quinto cambio.

2. Petagna o Elmas o Zielinski: waiting for godot

Sebbene sia stata riscontrata la buona fede del mister a schierare le quattro punte piccole e iper offensive contemporaneamente in campo, l’assenza di Osimhen ha eliminato la linea di passaggio sussidiaria che ormai il Napoli persegue una volta su due quando è in difficoltà nel palleggio, ossia il lancio lungo. Non convince perciò la scelta di lasciare in panca Petagna. Il ragazzo ex Spal non è un fenomeno ma sa far salire la squadra con passaggio diretto alla sua figura.


Così il Napoli non ha mai trovato il bandolo della matassa in Napoli-Milan. Troppo stanco per pressare in avanti e recuperare velocemente il pallone e dare continua linfa alla manovra d’attacco; troppo offensivo per praticare una sana difesa e contropiede; slegato l’attacco dal resto della squadra per praticare un calcio palleggiato. D’altronde, ogniqualvolta si trattava di ripartire da dietro la manovra ristagnava pesantemente.


Qualcuno attribuisce responsabilità ai piedi di Meret meno delicati di quelli di Ospina, come meno sviluppata è del portiere friulano la visione del gioco, ma non sarebbe bastato schieraro un centrocampista in più a galla tra centrocampo e attacco, lato centro sinistro del campo, per dare mastice alla scollatura? Chi avrebbe in tale circostanza potuto oscurare Zielinski o Elmas, papabili per ricoprire tale ruolo? Kessiè e Bennacer prendevano ad uomo Bakayoko e Ruiz mentre i due terzini le nostre due ali. Realmente Pioli avrebbe spinto Kjaer sulla mezz’ala azzurra fin sù la metà campo avversaria? Chiaro che no, ma avrebbe abbassato un centrocampista e liberato uno tra Bakayoko e Ruiz per giocare la palla in completa serenità.

3. Napoli-Milan e i casi irrisolti: la maledizione ancelottiana

Così ragionando, bisognerebbe auspicare, in mancanza di Osimhem, un 433. In realtà basterebbe un centrocampista in più all’interno dell’11 titolare. Al momento Zielinski, causa covid, è un giocatore su cui non è possibile fare affidamento. Elmas, tuttavia, proveniva da due partite in nazionale deliranti. Concedergli giusto i 5 minuti di recupero è sembrata una cattiveria più che una chance.


Un maggior numero di centrocampisti pregiudicherebbe la titolarità di uno tra Insigne e Mertens. Ancelotti ricorda benissimo come è finita quando ha messo in discussione il capitano. Su Mertens, dato il numero di partite e i cinque cambi, potrebbe tranquillamente operarsi un discorso di alternanza con Osimhen. Quest’utimo contro le difese alte; il belga contro le basse. Ruotano i portieri perché non anche le punte centrali? Al momento, con Zielinski in scarsa forma psicofisica, inutile parlarne.


La iattura ancelottiana incombe anche per una serie di analogie inquietanti: oltre al passaggio dal 433 iniziale al 4231 attuale, anche per l’appoggiare scelte all’epoca della gestione Ancelotti molto criticate. Fabian Ruiz mediano e il turnover dei portieri. Il primo ha giocato veramente male mentre Meret migliora la propria qualità in possesso della sfera ma sta smarrendo pericolosamente le distanze tra i pali. Identica regressione avvertita sotto la gestione del preparatore dei portieri, Fiori, ora al Napoli, da Donnarumma durante il biennio rossonero di Gattuso.


Altrettanto preoccupanti sono le somiglianze nei punti dopo Napoli-Milan, in campionato tra Gattuso dei primi mesi della stagione ’20-’21 e Ancelotti dei primi mesi della stagione ’19-’20: in campionato, entrambi hanno racimolato 15 punti. Il Napoli di oggi, chiaramente, paga la sconfitta a tavolino contro la Juventus, che brucia almeno quanto l’autogol di Koulibaly al 93esimo di un anno prima per il definitivo 4-3 in favore dei bianconeri. In Europa, 7 erano i punti raccolti da Ancelotti in Champions; 6 da Gattuso in Europa League. Per non parlare della circostanze che durante il pregara di Genk-Napoli Ancelotti dovette mandare in tribuna per ragioni comportamentali Insigne e Ghoulam, mentre Gattuso, prima di Rijeka-Napoli, ha dovuto punire anch’egli due uomini: sempre Ghoulam e poi Mario Rui.

Massimo Scotto di Santolo

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