Il 9(9) polacco del Napoli, Arkadiusz Milik, conclude la sua avventura in maglia azzurra. Il centroavanti è a meno di un passo dalla Roma. Raccoglierà l’eredità di Dzeko.
1. Il primo Milik, quello lunare
“Cominciò con la luna al suo posto; e finì con un fiume d’inchiostro”. Beh, l’avventura partenopea di Milik ha animato i letterati e il pueblo sportivo. Non è rimasta la vicenda sportiva di questo calciatore indifferente agli occhi della città, che però nelle more dell’affaire l’ha definitivamente derubricata a fallimentare. Sebbene la penna abbia fatto il suo corso, trasformando la speranza profusa dalla piazza nell’atleta in disillusione, durante una notte molto buia d’Agosto, per un attimo Milik apparve come la luna e noi le sue stelle.
Il Napoli aveva appena ceduto Higuain alla Juventus per 90 mln ed urgeva un sostituto. Da una parte, c’era il talentuoso ma spento Manolo Gabbiadini altrettanto in partenza. Dall’altra, il Napoli aveva scelto innanzitutto per il ruolo di centroavanti di scorta, da cui il numero 99, un sinistro neoclassico esploso in maglia Ajax, il nostro Milik. L’impossibilità di arrivare ad Icardi, designato erede del Pipita, ed una prestazione sontuosa di Gabbiadini in amichevole contro il Monaco a cui rifilerà ben 4 gol convincono il Napoli a puntare sulla punta italiana e polacca.
L’indecoroso 2-0 di svantaggio maturato nel 1T all’Adriatico di Pescara contro i delfini neopromossi di Oddo porta Maurizio Sarri a sparigliare le carte nella ripresa. Fuori Insigne e Gabbiadini, dentro Mertens e Milik. I due trovano subito grande intesa. Il Napoli pareggia, meriterebbe un rigore negatogli ma quantomeno porta un punto a casa. Se il belga raccolse la scena contro il Pescara, alla seconda di campionato contro un buon Milan Milik annichilisce i rossoneri segnando una doppietta.
2. L’infortunio che gli ruppe l’anima
Milik non si fermò al Milan, continuò a segnare con frequenza e cattiveria portando il Napoli, insieme a Mertens, fino al primato in classifica. Perso, quest’ultimo, appena prima della sosta nazionale a Bergamo, contro l’Atalanta embrionale di Gasperini, il cui gioco mai ben decifrato da Sarri. Poi la sosta nazionale intervenne, secondo molti, salvifica. In realtà, la Polonia restituì al Napoli il suo nuovo centroattacco con il crociato lesionato. Come in una maledizione piratesca, sette colpi di spugna in sette partite non erano bastate a Milik per cancellare muffa e ruggine del tradimento di Higuain dalla testa dei napoletani.
Tuttavia, iniziò un rapido countdown in città per festeggiare il rientro di chi aveva mostrato caratteristiche tecniche e tattiche importanti: attaccante cioè, Milik, in grado di attaccare la profondità ma di saper giocare collettivamente con la squadra; sinistro sibillino e viscido, rettile, anche però esplosivo come sa esserlo un serpente nello slancio verso la preda. Altrettanto verticale lo slancio in alto. Pochissimo destro ma così tanto calcio nel resto che sembrava bastasse.
Alfonso De Nicola, all’epoca medico sociale del Napoli, garantisce tempi di recupero record. Effettivamente, Milik s’infortuna ad Ottobre e a Febbraio è in campo. Eppure il polacco sin da subito non avverte sensazioni positive sulla tabella di recupero svolta. Rientra male; è timido, impacciato, ha paura. La stagione finisce sostanzialmente senza sussulti ma tutti son contenti ora di avere una coppia gol clamorosa: il folletto Mertens da 28 gol stagionali, che ha spazzato via Gabbiadini dalla rosa, e lo sfortunato Milik. Nel frattempo la squadra ha sancito il patto scudetto!
3. Il secondo infortunio e le crepe con i tifosi
Il Napoli al gran completo, e con un Milik in più, viaggia a ritmi forsennati in un campionato che però perderà. Infatti, prima a Ferrara contro la Spal, perde Milik per un altro crociato stavolta alla gamba destra; poi, in casa, al San Paolo, contro il City, Ghoulam. Il polacco, tuttavia, anche in questo caso riuscirà a rientrare a stagione in corso seguendo un percorso più consono alle sue istanze psicologiche. Tant’è vero che il suo secondo rientro dà benzina ad un Napoli e ad un Mertens alla canna del gas. Cambia tre partite segnate: Sassuolo, Udinese, Chievo Verona.
Poi gli capita sul sinistro, al 94′ un potenziale gol scudetto a San Siro contro il Milan, che fallirà svuotando la convinzione della tifoseria secondo cui dietro quel sorriso nella vittoria e nella sconfitta ci fosse la grande autostima e consapevolezza di un vincente. Milik saprà ripetersi nel poco opportunismo sotto porta in zona Cesarini un anno dopo: partita infuocata ad Anfield! Al Napoli basta un pareggio in casa del Liverpool per passare il turno Champions ed è sotto 1-0 fino al 93′. Manè, in realtà, ha graziato in più occasioni gli azzurri. Milik aggancia miracolosamente un pallone destinato sul fondo ma spara di destro in pancia ad Allison. Il Napoli fuori, il Liverpool campione d’Europa a fine stagione.
Sono i due episodi che dividono il percorso di gran parte dei tifosi partenopei da quello di Milik. I sostenitori resteranno, anche perché il polacco benché mostratosi pavido in due momenti clou della sua carriera e della storia del Napoli ha mantenuto medie gol impressionanti per i suoi primi 3 anni di azzurro. Medie, che andrebbero rivalutate in rapporto all’esiguo numero di partite giocate in totale discontinuità; occasioni gol sbagliate, che andrebbero rilette individuando quanti dei suoi compagni con un singolo errore personale abbiano perso quello scudetto o quella qualificazione Champions. Ma la storia non l’hanno mai scritta gli sconfitti. E Milik lo è.
4. Milik lo juventino
Il Napoli nonostante le 40 reti in coppia con Mertens, distribuite al 50%, durante la seconda estate ancelottiana cerca insistemente un’altra punta. Stessa cosa accadrà in inverno quando non era ancora certo ADL di voler esonerare Ancelotti. Alle voci di mercato corrispondono lunghi periodi di assenza ingiustificata di Arkadiusz. Forse la fragilità mentale inizia ad affiorare. Mai digerita da Milik l’alternanza con Mertens, ora diventa insopportabile anche quella di potenziali acquisti. Intanto, però, si ritiene più scontata la permanenza per la stagione ’20/’21 di Milik che di Mertens.
Il rinnovo travagliato del belga sancisce la fine delle buone relazioni anche tra la dirigenza azzurra e Milik. Quest’ultimo vuol essere pagato più di Mertens per fargli da riserva e in ogni caso si cautela accordandosi in tutto e per tutto con la Juve. La notizia giunge alle orecchie sia del presidente che dei tifosi che mai come questa volta unanimamente ritengono sia l’ora di dividersi. De Laurentiis s’impunta: a questo punto, ovunque purché dietro pagamento ma non alla Juventus! Il pericolo di perdere Milik a 0 c’è ma viene aggirato grazie al bonario componimento operato dal DS bianconero Paratici.
Il triste epilogo di questa “storia da basso Impero” è la telefonata di Paratici a Milik per comunicargli che non è più ritenuto un profilo da Juventus. Alla Vecchia Signora, in effetti, interessa o Dzeko o Suarez. Se però il polacco facesse il favore di andare alla Roma, che cerca un profilo giovane ma esperto, low profile, per sostituire il suo capitano bosniaco Edin, si ecco lo stesso Milik verrebbe considerato dal sistema ragazzo intelligente e preparato. Il polacco pare infine si sia convinto.
La firma sotto il Colosseo tarda ad arrivare per colpa del contenzioso irrisolto dell’ammutinamento. Milik non vorrebbe prestare il fianco a future ingiunzione da parte del Napoli. Una questione che secondo alcuni potrebbe far saltare l’affare. La Juve giura d’essersi arrabbiata e pure stufata. Potrebbe puntare su Suarez. E’ una storia un po’ sputtanata.
Massimo Scotto di Santolo
