Un Napoli bipolare sbanca il mai ospitale Tardini: i partenopei concedono nel 1T ampie porzioni di sonno ai propri tifosi, sfidando la noia antizemaniana di Reja. Poi le nuove leve, Victor Osimhen su tutti, inondano di azzurro la difesa parmigiana costretta a capitolare.
1. La soporifera declamazione del possesso palla
Gattuso, democristianamente, sceglie per la prima di campionato della stagione ’20/’21 una formazione antica, piatta e senza profondità. Soprattutto stanca nelle soluzioni! L’allenatore azzurro probabilmente cade nell’inganno di Liverani. Mister dalla propensione al gioco areoso e propositivo; tanto bravo a riprodurre un calcio spagnoleggiante, Liverani, quanto incapace di scegliere i progetti a lui più consoni. Dopo Palermo e Genoa che hanno rappresentato brusche frenate della sua carriera la buona impressione mostrata alla guida del Lecce avrebbe dovuto imporgli una maggiore cautela nell’accogliere un nuovo progetto calcistico.
Il Parma, infatti, a sua disposizione è architettato per il gioco di rimessa e contropiede di D’Aversa. Ducali che però nel frattempo non hanno inserito qualità in mediana (fondamentale per il gioco di Liverani) e perso definitivamente Kulusevsky e, almeno momentaneamente, Gervinho per infortunio. I veri segreti, lo svedese e l’ivoriano, dell’efficienza di un calcio così sparagnino come quello di D’Aversa. Liverani però ha accumulato esperienza e dunque con opportunismo, onde subire imbarcate, presenta un pugilistico e guardingo 4312. Gattuso attendeva aggressione e possesso palla dei ducali, in cui Insigne e Mertens avrebbero potuto trovare spazio nella propria metà campo per lanciare in campo aperto Lozano… e invece ha affrontato il più gretto attendismo.
Contro quest’ultimo la marea azzurra è apparsa abbastanza improduttiva. I partenopei hanno conquistato la metà campo ma il predominio territoriale si è concretizzato in un ridondante possesso palla privo di sbocchi sulla profondità. Mertens chiamato a giocare fuori per alimentare l’intelaiatura napoletana ha svuotato perennemente l’area di rigore. L’inconcludenza della fitta rete di passaggi napoletani ha ridotto progressivamente la verve individuale anche di chi la luce dovrebbe accenderla nella difficoltà. Tanti i dribbling e i suggerimenti sbagliati dai più talentuosi. Lozano ci prova mettendo in apprensione Pezzella ma predica in un deserto delocalizzato sulla fascia destra. Così il 1T resta inchiodato su di uno scialbo e senza occasioni da rete 0-0
2. L’ingresso di Osimhen
Questa impalatabile litania è sconquassata dall’ingresso di Victor Osimhen. Il nigeriano subentra a Demme. Il Napoli passa dal 433 ad un molto offensivo 4231 con Zielinski e Ruiz in mediana. Come con Ancelotti ma non è un film di Nolan il nostro. Victor, sebbene fagocitato dal suo pauperismo tecnico, inizia a correre alle spalle dei difensori parmensi, poi si pianta in area di rigore – riempiendola – con le ganascie alle gambe, quando la palla scorre ai lati dell’attacco azzurro. Due cose semplici che rivoluzionano il match. Mertens a quel punto gravita libero dai raddoppi intorno alla sua mattonella: la lunetta dell’area di rigore.
Il Napoli sembra improvvisamente volare su trame che poco importa se improvvisate o preparate. Ciò che conta è che non appaiono anacronistiche come vecchi vestiti tattici rammendati. Basta un cross del resiliente Lozano, un’aggressione alla palla da parte di Osimhen che costringe il difensore ducale all’errore, che Mertens solo come mai prima di quel momento può stoppare e rubare il barattolo della marmellata a Luigi Sepe. E’ 1-0. Parma d’un tratto in bambola. Trasmissione della sfera dal centrale al terzino parmigiano fiacca. Lozano che il campo lo brucia con leggerezza e non lo consuma mai con pesantezza di passo scippa il pallone. S’invola, il messicano, fin dentro l’area avversaria, tira costringendo Sepe alla respinta; sulla quale però si avventa Insigne che chiude la partita siglando lo 0-2.
Insigne e Mertens che conquistano dunque la locandina di questo primo film pallonare della stagione. Tuttavia, i tre punti a casa li portano, offensivamente parlando, Osimhen e Lozano. Il primo per aver cambiato il piano partita grazie alla sua determinazione e alle sue caratteristiche; il secondo per aver creduto alla vittoria quando gli altri sembravano ancora in vacanza. Da un punto di vista difensivo, compartecipano al successo i cinque interpreti difensivi: i quattro della linea e il sicuro Ospina. Sorprende la concentrazione ritrovata, ultimamente calata in modo considerevole, di Kalidou Koulibaly, a maggior ragione se si pensa alle trattative di calciomercato in cui è coinvolto. Della sua scoperta leadership ne hanno beneficiato tutti, in primis l’irruento Manolas.
3. il 4231
Le modalità del successo azzurro in terra emiliana, inevitabilmente, apre il dibattito sul passaggio definitivo al modulo del 4231. Una valutazione che non può prescindere dal funzionamento occasionale e a gara in corso che tale soluzione tattica ha offerto al Napoli. L’idea di schierare tre mezze punte, come Insigne, Politano, Lozano e Mertens dietro Osimhen o Petagna darebbe sicuramente un impulso offensivo importante alla squadra a discapito però dell’equilibrio difensivo. In particolar modo la questione appare priva di fondamento se si pensa alla dotazione di trequartisti in pectore di cui gode Gattuso: Zielinski ed Elmas; i quali darebbero consistenza difensiva al modulo in esame e, allo stesso tempo, potrebbero presenziare in area di rigore al fianco di Petagna, Osimhen o Mertens, per aggirare così l’inconsistenza offensiva mostrata dal Napoli al Tardini nel 1T.
Chi ritiene difficoltosa la gestione delle risorse umane, immaginando la competizione di cinque uomini nei ruoli di sottopunta, declassa il Napoli a provinciale. Le due punte pure – e Mertens seppure in modo eterodosso – sui 90 minuti, qualora non supportate da quattro centrocampisti effettivi, non possono essere proposte nel 442. Ma il Napoli benché le critiche mediatiche ha anche i giocatori perfettamente adatti alla mediana a due. Infatti, Ruiz è stato nominato miglior giocatore dell’europeo u21 quando con la maglia della Spagna ha interpretato magnificamente bene il ruolo di palleggiatore in un centrocampo a 2. Demme e Lobotka, al Lipsia e al Celta, praticavano con intelligenza e maestria il ruolo di registi rispettivamente in un 343 e in un 442.
4. Il calciomercato
A mancare nel mercato del Napoli, non è certo l’ala destra cercata – oggi si parla di Delofeu – che finirebbe per giocare poco in concorrenza con Lorenzo Insigne. A mancare non è nemmeno il centrocampista difensivo, il quale più che altro servirebbe per ragioni soprattutto numeriche, a meno che non si voglia considerare Elmas utile per il quartetto dei mediani del centrocampo a 2. Il macedone ha il talento per ricoprire quel ruolo, pur tuttavia, forse, manca ancora della maturità necessaria. La grande mancanza degli azzurri, stante la possibile permanenza di Koulibaly, è un terzino sinistro d’affiancare a Mario Rui.
Lo sviluppo della manovra collettiva e la dimensione offensiva di Insigne ne risentono eccessivamente quando manca all’appello il terzino portoghese, anche per le sole sovrapposizioni che quest’ultimo può garantire rispetto all’adattato Hysaj.
Massimo Scotto di Santolo
