Bella intervista rilasciata dal Trap a La Stampa, dove a sorpresa si schiera con Sarri, tecnico di opposta filosofia e racconta le avance di Ferlaino.
Giovanni Trapattoni ha smesso di allenare 4 anni fa e quando spiega perché ha detto no alla Cina e alla Costa D’Avorio, gli occhi si inumidiscono guardando la moglie Paola: «Voglio troppo bene a questa donna per lasciarla ancora sola. Mi ha seguito per tutta la vita ovunque ma è stata categorica, “Giovanni stavolta vai da solo, io resto a casa”. E allora sono rimasto anche io». Lo chiamano negli oratori a spiegare calcio, fa l’ospite d’onore in serate speciali (qui è al Rotary, sul Lago d’Orta). Questo signore dai capelli bianchi è nato Trap e non finirà mai di esserlo. Ha voglia di parlare di calcio.
Dopo sei anni di dominio Juve c’è un’aria nuova?
«Sì. E fa bene al campionato e all’immagine del nostro calcio. Napoli, Roma, Lazio e Inter possono puntare molto in alto».
Estetica o pratica? Per estremizzare: Napoli o Juve?
«Per la Juve parla la storia. L’obbligo di vincere che hai quando lavori per quella società, quando vesti quella maglia. Quasi fosse per i giocatori una coercizione. Il Napoli, però è una novità, ha dei momenti di grande calcio».
Che cosa le piace del Napoli?
«Sarri. È stato molto bravo a convincere la squadra a stare con lui, i giocatori hanno creduto nella sua idea di calcio. Il Napoli mi incuriosisce».
Perché?
«Mi ha sempre incuriosito. Fin da quando Ferlaino mi faceva la corte e mi diceva “Trapattoni metta la cifra e chiudiamo”. Ma io stavo bene dove vincevo, a Torino e poi a Milano. Ma quel tarlo è rimasto. Ecco, Sarri è un saggio anche nel sapere che la città esige molto. E allora non me ne vogliano Juve o Inter, ma Napoli merita lo scudetto».
Trapattoni e Sarri, due opposti che si attraggono?
«Mi rivedo in lui come carattere. Mi piace come allena e come parla».
Che fa, tradisce la Juve?
«Allegri cambia molto gli schemi. Ma deve correre il rischio di non accontentare tutti. Saprà gestire la situazione, ha qualità».
Sorpreso dal Milan?
«La storia della società ha un peso, il Milan non passa mai inosservato. Le pressioni sono molte, Montella può aver fiutato l’aria. E poi non sempre è facile il rapporto tra un tecnico giovane e la squadra».
Qual è il rischio?
«Io al sabato sera facevo il prete non l’allenatore, passavo nelle stanze e stavo fino a mezzanotte a spiegare ai giocatori il perché delle mie scelte. Un po’ di psicologia forse non è sufficiente, ma aiuta».
Ma il metodo Trap sarebbe ancora attuale e quindi attuabile?
«Me lo chiedo spesso anche io. Sarei ancora in grado di stare nelle stanze per spiegare a un ragazzo magari in lacrime perché gioca e perché non gioca? Oppure lui chiamerebbero subito il procuratore? Alla fine del giro passavo da Platini e lui era sempre lì a fumare, non dormiva e mi diceva, “mister non sono tranquillo…».
E lei?
«Ostia Michel, se non sei tranquillo tu…».
Come si spiegano le difficoltà di Bonucci?
«Adattarsi non è semplice. Il valore di Bonucci non si discute, ma mi sembra un giocatore sensibile. Per questo ha pagato il cambio».
Chi vorrebbe allenare ?
«Uno scugnizzaccio come Insigne, è il mio preferito. E poi mi piace Belotti. Tecnicamente non è un campione ma nei sedici metri si fa sentire. Adesso le dico una cosa, a me ricorda Paolo Rossi. Fisicamente sono molto diversi, Paolo sembrava una gatta morta, ma lui come Belotti in area non perdonava».
Insigne e Belotti chiamano la Nazionale: andrà ai Mondiali o no?
«Io stimo molto Ventura. Il consiglio che gli posso dare è di guardare il risultato, di scegliere giocatori vincenti. Non sempre lo schema ti dà le certezze, anche io ero abituato in un certo modo ma quando capivano come giocava la mia Juve dicevo a Zoff: “Dino lancia lungo che andiamo a fare la guerra nella loro metà campo”».
Tradotto?
«In questo spareggio Ventura deve pensare solo a vincere. Poi avrà tempo da qui al Mondiale per i suoi schemi».
Ha vissuto uno spareggio mondiale sulla panchina dell’Irlanda (era il 2009 e la mano di Henry mandò in Sudafrica la Francia). Come si affronta?
«Conterà molto la vigilia, i ragazzi dovranno provare a pensare alla Svezia come a una partita normale».
Svezia chiama biscotto, quello che fece fuori la sua Italia agli Europei del 2004: brucia ancora?
«Si, anche se quella squadra non avrebbe fatto molta strada. Invece, ai Mondali 2002 senza le nefandezze dell’arbitro Moreno saremmo andati fino in fondo».
Quindi meglio ora con la Var?
«Con gli interessi che ci sono è giusto che ci sia un giudizio extra anche se io sono ancora della vecchia scuola, tra quelli che pensano che alla fine gli errori dell’arbitro si compensano. Ma è come quando prendi una multa, ti arriva a casa la foto con scritto 60 all’ora dove devi andare a 50. Tu non te ne eri accorto, ma davanti alla foto sei impotente. Hai torto. Ecco la Var è come una multa con foto».
Ancelotti licenziato dal Bayern, se lo aspettava?
«No, ma ho allenato e vinto con quel club. Li conosco, l’hanno fatto per togliere ogni alibi ai giocatori»
Ancora le chiedono di Sacchi come colui che ha cancellato il calcio di Trapattoni.
«Arrigo è come uno scultore che da un blocco di marmo tira fuori un capolavoro. Io come un’esploratore che ha scavato buche, scalato l’Everest e attraversato oceani. Non c’è un meglio o un peggio».
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