Dopo le discutibili dichiarazioni di Tommaso Giulini, presidente del Cagliari, in cui etichetta Zeman come una delusione, riproponiamo un vecchio pezzo. Firmato Paolo Bordino è il diario di bordo di un idillio fatto solo di parole. Nato e crollato tra incoscienti adulazioni e critiche fuori luogo.
Dire di averlo detto, profetizzato, annunciato in tempi non sospetti, senza per questo essere tacciati di assurgere a ruolo di banderuole agitate dalla forza degli eventi, è un esercizio inutile. Quasi una tautologia, alla luce di ciò che è stata per Zdenek Zeman l’esperienza cagliaritana. Una fine prevista. Letta, annunciata sin dall’inizio di una calda estate in cui troppe volte si è sentito dalla bocca di presidente rossoblu Tommaso Giulini uscire la parola “progetto”.
Un termine usato ed abusato, dalla connotazione spesso giovanottistica, ma che mal si confà ad una massima serie in cui il semplice rischio di abbandonare la categoria, con buona pace del c.d. “paracadute”, implica la perdita di cospicui introiti concordati con il sistema delle televisioni a pagamento e dei relativi gruppi di interesse ad esse sottese.
Ed è così che sembra essere finita l’avventura di Zeman nell’Isola dal mare smeraldo e dalle spiagge bianche, con una tifoseria che, nonostante la penuria di risultati davvero positive e le zero vittorie casalinghe, ha saputo comprendere (che è più difficile di saper amare, badate bene!) il Boemo assai più di qualsiasi piazza in cui egli stesso ha allenato. Ad esonero avvenuto, l’inaugurazione di uno Zeman club a Quartu Sant’Elena è un qualcosa di unico ed irripetibile. Alla luce di quanto ribadito, è evidente che la piazza cagliaritana avrebbe meritato ben altro dai protagonisti di una vicenda professionale e sportiva a cui sarebbe bastato davvero poco per decollare.
Partiamo da oggi. Dalle dichiarazioni di un presidente che presenta il successore del tecnico appena esonerato (non) spiegandone le ragioni:
Le motivazioni dell’esonero di Zeman me le tengo per me. Certo è che fatale è stata la sconfitta interna (0-4, nde) contro la Fiorentina. Non si può dire alla squadra che aveva giocato bene nonostante la larga sconfitta casalinga, episodio che ha fatto perdere le certezze alla squadra ed allo staff tecnico.
In buona sostanza, non spiegando le reali ragioni dell’esonero di Zeman, Giulini punta il dito contro la fase difensiva (tralasciando qualsiasi analisi sulla dinamica di un match che, nel corso del primo tempo, poteva vedere il Cagliari avanti almeno 3-1 ed a riparo da qualsiasi crollo mentale) ma esonera Zeman dopo la gara contro la Juve (“Zeman sapeva già da venerdì di essere esonerato ed ha continuato a lavorare nonostante sapesse della mia intenzione di esonerarlo…”) in cui sono trapelate critiche della società proprio per la “perdita di certezze” dovute al cambio di modulo in funzione di una maggiore copertura difensiva! Un vero e proprio controsenso.
Zeman recepisce le critiche (a nostro avviso fondate fino ad un certo punto) del presidente ed il presidente lo esonera. Qualcosa inizia a quadrare poco. Anche perché sembra che l’assenza per infortunio di Sau, una delle poche certezze tecniche presenti in organico per Zeman, così come lo stop forzato per il brasiliano Avelar, senza il quale il Cagliari, in sole tre gare e mezzo, ha preso più della metà del monte complessivo delle reti subite, siano episodi che non abbiano, a detta del presidente, influito.
Giulini e la dichiarazione a Zeman
Sappiamo tutti ormai che il matrimonio Zeman-Cagliari ha avuto origine a fine giugno quando Giulini strappò il Boemo al Bologna proprio sull’altare. “Mister, ho preso il Cagliari solo per lei…” sembra – stando a fonti attendibile – la frase che ha portato Zeman a scappare dall’altare e salire a bordo della sua metaforica motocicletta per accendere la Zemanlandia sarda.
Proclami, entusiasmi e termini da modernariato delle teorie d’impresa che ben presto hanno ammaliato una tifoseria desiderosa di uscire dalla spirale del palla lunga e pedalare a cui stagioni insipide l’hanno costretta. Fin qui le parole. La prova dei fatti è andata in direzione del tutto opposta alle premesse.
Per rendersi conto di quanto, oltre a quanto già chiaro in estate, da parte del presidente il rapporto con l’allenatore sia stato dal principio estremamente difficile e problematico, se non addirittura inesistente, occorre aprire il microfono e spalancare il taccuino alla viva voce dello stesso presidente:
Il rapporto con un allenatore è sempre teso a far conciliare le sue esigenze con quelle del club. Lui non è di molte parole, lo sapete. Un po’ pesa anche la differenza d’età, ma abbiano cominciato a giocare a golf insieme e ciò ci sta aiutando molto a dialogare
– Tommaso Giulini, 15/10/2014.
Nel calcio gli episodi sono fondamentali: probabilmente senza l’espulsione di Nagatomo non sarebbe finita 4-1. Nel secondo tempo speravo di fare il quinto gol per stare più tranquillo. Esonero di Zeman? Mai pensato a cambiare in corsa il progetto, ma quando non arrivano i risultati qualche domanda te la fai…
– Tommaso Giulini post Inter-Cagliari 1-4.
A fine primo tempo ho pensato che fossimo vittime della solita maledizione del Sant’Elia. Poi c’è stata una grande reazione dei ragazzi, ma sono deluso per non aver vinto questa partita.(…) Donsah e Caio? Hanno fatto entrambi benissimo, anche se sono entrati in un momento tatticamente difficile, andranno valutati anche in un contesto normale. (…) Il bilancio dopo 7 giornate non è buono (Cagliari in zona salvezza, nde), speriamo che questo pareggio ci sblocchi, possiamo fare di più. Mi pare che specialmente in casa i ragazzi siano un po’ tesi. Poi dobbiamo assolutamente lavorare sulle palle inattive (…) Oggi avremmo dovuto vincere, fino al primo gol della Samp la partita era nelle nostre mani. L’arbitro è stato eccellente (gol regolare annullato a Longo, nde), abbiamo avuto tante occasioni. Dovevamo fare tre punti ma non li abbiamo fatti. Non penso nemmeno che vinceremo tante partite continuando a buttare via tutti i calci d’angolo e le punizioni.
– Tommaso Giulini post Cagliari-Sampdoria 2-2.
Lo spettacolo è stato fantastico, in Italia dovrebbero esserci molte più partite del genere. Sono meno soddisfatto della gara della mia squadra, non si può entrare in campo con quell’atteggiamento, l’allenatore deve lavorare più seriamente perché non sempre è possibile recuperare dopo uno svantaggio simile…
– Tommaso Giulini post Napoli-Cagliari 3-3.
Ci siamo limitati ad estrapolare pezzi di dichiarazioni del presidente rossoblù relativi alla spiegazione del rapporto col tecnico caratterizzato, a detta dello stesso numero uno di viale La Playa, di pressoché totale incomunicabilità, sulle cui ragioni non vogliamo qui indagare e che possono semmai restare sullo sfondo del rapporto tra presidente e allenatore.
Ciò che abbiamo raccolto sono tre sfoghi del presidente al termine di tre tra le migliori prestazioni del Cagliari zemaniano. Dopo il successo 4-1 a San Siro, con quattro reti e rigore sbagliato già al termine dei primi 45’, roba che a Cagliari nessuno ha visto neppure ai tempi di Gigi Riva, la frecciatina al tecnico non mancava su due direzioni: a) l’espulsione di Nagatomo che avrebbe determinato, secondo Giulini, le sorti del match; b) il mantra in base al quale con le squadre di Zeman non sei mai tranquillo. Nel primo caso, se un alieno fosse giunto da Marte in quel momento, avrebbe probabilmente scambiato le dichiarazioni di Giulini con quelle di Mazzarri, mentre nel secondo caso è apparso di ascoltare il tipico refrain di ogni antizemaniano.
Dopo la gara contro la Sampdoria, che il Cagliari dovette affrontare con una coppia centrale inedita e pressoché esordiente in A al cospetto di una formazione che prima d’allora aveva subito solamente due reti, sembrava che gli unici scontenti fossero lui e il tecnico doriano Mihajlovic. Il match vide il Cagliari rimontare due reti dopo gli ingressi dei giovanissimi Donsah e Caio Rangel, determinanti entrambi nell’economia del match, e negare il terzo gol di Longo da una discutibile decisione arbitrale. Eppure, a completamento del quadro, alla scontentezza il presidente aggiunse la minimizzazione dell’impatto dei due giovani sulla partita (cosa che neppure un qualsiasi Zamparini avrebbe fatto) a fronte peraltro dell’esaltazione della prestazione di Benedetti (portato a Cagliari da Giulini in persona e bocciato già ad agosto da Zeman) e l’ingresso nel merito del lavoro dell’allenatore. La polemica sulle palle inattive, in tal senso, ebbe ad apparire eloquente sulla valutazione del lavoro di Zeman da parte di Giulini, che diede anche la sensazione che, per convincerlo, Zeman avrebbe dovuto vincere con Dessena, Conti e Pisano (contratti rinnovati per loro) prima che con giovani del ‘96. Il climax ascendente degli attacchi, neppure troppo velati, lo si raggiunse a Napoli, al termine di un 3-3 che ha ricordato, a tutti gli zemaniani storici, quello della stagione 91/92, un Napoli-Foggia che consegnò Zeman al calcio italiano e regalò ai satanelli terribili titoli di tutte le principali testate nazionali in visibilio.
Le analogie con quella gara dovevano essere colte, ma mentre sappiamo che un Pasquale Casillo avrebbe gongolato davanti a microfoni e taccuini, esaltando squadra e allenatore, mister Fluorsid ha preferito attaccare a testa bassa l’allenatore e la squadra per la prima mezz’ora di gioco al termine della quale lo stesso Napoli che ha sconfitto la Juve in Supercoppa, quindi non esattamente la Sangiuseppese, era avanti 2-0 per poi subire la rimonta rossoblù dando vita ad un 3-3 che ha riconciliato tutti con lo spettacolo del calcio. Eppure l’allenatore che ha dato asso e tre a Rafa Benitez (uno con un certo curriculum) avrebbe, secondo mister Fluorsid, dovuto lavorare “più seriamente”. Eloquente! Così come apparve sgradevole, nella circostanza, l’aver eletto Ekdal come migliore in campo, rilasciando una dichiarazione che, qualora fosse promanata da un’opinionista avrebbe avuto un senso, ma da un presidente ha assunto il sapore di un qualcosa di quanto mai inopportuno agli occhi della squadra.
Alla luce di queste dichiarazioni, la sconfitta con la Fiorentina ha avuto il sapore di un crollo mentale derivante dal fatto che da un lato l’allenatore si è trovato in sostanza delegittimato agli occhi di una squadra che pur l’ha sempre seguito, dall’altro la squadra ha inconsciamente finito per credere alle continue esternazioni del presidente dalla cui bocca sono uscite solo dichiarazioni al fiele nei confronti del tecnico uniti a valutazioni tecniche che sarebbe stato, alla prova dei fatti, più opportuno evitare.
Tralasciamo le dichiarazioni di Giulini rilasciate al termine della gara contro il Chievo in cui venivano mosse a Zeman accuse su precise scelte tecniche (l’impiego di Conti, Ibarbo e Cossu per tutta la gara contro il Modena in Coppa) perché non servono a far comprendere quale fosse l’esatta valutazione di Zeman e del suo lavoro compiuta da Giulini, la cui cartina al tornasole è possibile apprezzare solo nei casi in cui sprazzi di Zemanlandia ci sono effettivamente stati. Così come è bene ricordare che, fino al match contro i clivensi, una squadra composta in maggior parte da elementi provenienti dalla B con qualche ex Primavera stazionava stabilmente in zona salvezza.
“Caro Sdengo, quando imparerai a capire quanto vali?” – gli chiedemmo in estate. Già perché, ammaliato dalle belle parole (sistematicamente non tramutatesi in fatti) di Giulini, il Boemo ci è ricascato di nuovo, scivolando su più di una buccia di banana ed affrontando l’avventura cagliaritana a mo’ di salto nel buio.
Un buio derivante dal fatto che Zeman a Cagliari è stato solo. Avere dalla propria parte un pubblico che l’ha capito come nessun altro ed una stampa locale che mai come stavolta l’ha supportato senza se e con pochi ma non basta se in società e nello staff medico non ci sono suoi uomini. Mancava il Pavone di turno – il cui rifiuto di raggiungerlo a Cagliari non è suonato a sufficienza come campanello d’allarme, mancava l’Altamura di turno, trait d’union tra tecnico, squadra e società, così come non si è avuta dall’esterno la sensazione della presenza di uno staff medico in sintonia con i modi di lavorare dell’allenatore.
I suoi metodi sono particolari ed al giorno d’oggi rari. Per non delegittimarli agli occhi di chi non vive ogni giorno le vicende della squadra, la sintonia tra tecnico e staff medico è alla base di tutto, ma spesso (e Roma avrebbe dovuto essere d’esempio) il Mister tende a dimenticarlo.
Per ricominciare in massima serie è bene che Zeman faccia tesoro di questi piccoli, grandi accorgimenti. Sembrano sciocchezze insignificanti, ma sono alla base di tutto. Così come è alla base di tutto evitare – specie in un contesto come quello appena descritto, con i “gatekeepers” non scelti dal tecnico – di andare sempre per miracoli.
Accettare che si punti su Farias, Caio Rangel, lo stesso eccezionale Ceppitelli “scarto” del Parma ultimo in classifica, due Primavera come Donsah e Capello, tre arrivi dalla B come Balzano, Crisetig e Capuano (elementi che hanno reso anche più del loro valore, beninteso), può essere possibile solo se tutto il contesto societario di contorno non solo crede, ma fa sue le scelte e il modo di vedere il calcio dell’allenatore.
Obiettivamente, il Cagliari di Giulini (con tutta la stima ed il rispetto per Marroccu, Sanfelice e lo staff medico) non era il contesto adatto per far sì che il calcio di Zeman trionfasse nel senso più ampio del termine. Ed è demerito dello stesso mister non aver compreso che in massima serie spesso non si può aspettare e che occorre andare con le spalle copertissime. Anche battendo i pugni sul tavolo. E lasciando perdere i “progetti”, perché non esistono in serie A, territorio in cui il tracollo economico è dietro l’angolo.
Basterebbe un presidente che gli dica: “Sdengo, voglio risultati subito. Ma hai carta bianca. Scegli tutto tu, anche il magazziniere!”. Altro che progetto! Quella, sì, sarebbe Zemanlandia.
Intanto, a Cagliari arriva Zola. Zemaniano e amico di Zeman. Non sarà facile neppure per lui, schivo e riservato, trovare un punto di incontro con un presidente che non ha dato la sensazione di comprendere che la coperta che ha cucito è corta e non è possibile avere sempre botte piena e moglie ubriaca. Ha il vantaggio di conoscere l’ambiente e di avere quel giusto buonsenso tale da ragionare con la propria testa per lavorare su quella di un gruppo volenteroso ma al quale risultati e non solo hanno tolto più di qualche sicurezza. Lo merita Cagliari, lo meritano tifosi straordinari per cui la serie A è un patrimonio da non disperdere. Ma basterà?
PAOLO BORDINO
