De Laurentiis durante il ritiro a Castel di Sangro pronunciò a proposito del nuovo Napoli di Gattuso due frasi. La prima: “Se Gattuso avesse la settimana tipo sempre a disposizione, batterebbe chiunque”. Alla domanda, invece, su che Napoli si fosse aspettato rispose “un Napoli osimheniano”. Da quando il Napoli è uscito dalle coppe e ha recuperato dall’infortunio alla spalla l’attaccante nigeriano ha cambiato marcia. La goleada rifilata allo Spezia ha dato ulteriore conferma di ciò.
1. Atletica con il pallone
Spezia-Napoli 1-4. Si può dire che, parafrasando una vecchia battuta da stadio, e per motivi tattici e per motivi tecnici… il Napoli di Gattuso è Osimhen! Il centroavanti nigeriano è di una modernità spaventosa. Victor rappresenta ciò che Brera temeva il calcio diventasse: atletica con il pallone. E il Napoli sulla delantera schiera quattro atleti fantastici: Lozano, Politano, Osimhen e Zielinski.
Dries, uscito per infortunio dopo pochi minuti dal suo ingresso, obbliga il Napoli a sperare in suo recupero. La sapienza tecnico-tattica del belga, di cui Insigne è complice, dà le variazioni giuste ad una fase di attacco che altrimenti andrebbe ad una sola ed ingestibile velocità.
Pur tuttavia, Petagna in questo momento costituisce soluzione più utile al calcio di Gattuso rispetto a Mertens. Con colui soprannominato Ciro condivide il piacere di legare il gioco spalle alla porta ma rispetto al quale vanta quei centimetri in altezza fondamentali per la squadra partenopea. Ora che sul finire di stagione il fiato scarseggia, quando gli avversari in svantaggio alzano nei minuti finali la linea del pressing, la difesa napoletana se in affanno può alzare la palla alla ricerca dell’ex puntero spallino.
2. Un Napoli “osimheniano”
Perciò Osimhen poi risulta imprescindibile come la media punti del Napoli dimostra. Il nigeriano ha la fisicità di Petagna ma è un velocista straordinario in campo aperto. Se Petagna comunque va ricercato sulla figura, per servire Osimhen basta centrare lo spazio libero.
Mr 70 milioni di euro pressa come un dannato e attacca sempre la profondità, tenendo così bassa ogni squadra avversaria. Ciascuna rivale non solo è limitata nel palleggio ma anche impaurita dal giocare in campo aperto contro un atleta superiore anche a quell’Edinson Cavani per cui Napoli stravede. Persino lucido Osimhen allorché a tu per tu con Provedel ha preferito fornire assistenza all’accorrente Lozano piuttosto che siglare la sua prima tripletta in Italia.
3. il resto della squadra
Pertanto, pure la freschezza di Elmas si fa preferire per ora alla saggezza di Mertens nel ruolo di sottopunta. Dries sembra affaticato e non brillante sebbene non molto tempo fa, a dispetto di prestazioni non eccellenti, tra Roma e Lazio abbia smentito gli scettici con fiuto realizzativo apparso quello dei tempi migliori.
Grande prova di Amir Rrahmani, che forse rappresenta vero cruccio per Gattuso: incomprensibile come il tecnico calabrese abbia preferito per 6 mesi il partente Maksimovic al capitano del Kosovo. Quest’ultimo, che in fondo non è così complessivamente superiore al serbo ma quantomeno pagato il prezzo giusto – e questo aiuta! -, nonostante non sia comunque pulitissimo nella gestione palla comprende con immediatezza quando la sfera di cuoio debba finire fuori lo stadio.
Alex, inoltre, che ancora mette i guantoni su un colpo di testa ravvicinato di Estevez. Non riesce però ad evitare il tap in vincente di Piccoli sulla sua respinta reattiva che forse, sebbene in modo non scontato, avrebbe potuto direzionare più lateralmente. Meret, in vero, per una volta si è fatto preferire per il gioco podalico: sereno nel fraseggio come un Ospina invecchiato bene.
4. Il migliore in campo
Il migliore in campo però è Giovanni Di Lorenzo! Il terzino destro del Napoli, e ormai anche della nazionale italiana, ricorda il Christian Maggio di Mazzarri. Un fattore da quinto di centrocampo di quel Napoli operaio e irredento. Insuperabile, Di Lorenzo come quel Maggio, in difesa e fenomenale in attacco.
Solo che va riconosciuto al terzino ex Empoli, vero capolavoro di mercato di Giuntoli, il merito di star imponendosi in una linea a quattro. Quest’ultima rimasta sempre indigesta invece all’ex capitano del Napoli. Per il Napoli sarebbe un vero delitto non fornirsi di un terzino sinistro altrettanto capace.
3. La delusione della giornata
Italiano, dal canto suo, rappresenta la vera delusione della partita. L’enfant prodige della panchina ligure sta toppando clamorosamente il finale di stagione, almeno quanto il suo collega neopromosso Inzaghi. Entrambi hanno realizzato un girone d’andata straordinario, dove il Benevento si è caratterizzato per volontà e solidità mentre lo Spezia per lo spettacolo.
Ora i tre punti che separano gli spezzini dalle Streghe (i primi a 34 pt invece i secondi ora terzultimi a 31) fanno tutta la differenza del mondo in ottica salvezza ma i liguri sono in caduta libera. Italiano sta cercando una solidità difensiva visto che la squadra dal calcio offensiva non sembra più ricevere i dividendi necessari da un sistema spregiudicato ma nella retroguardia da sempre lacunoso.
Il risultato di questo revirement conservativo produce risultati disastrosi: imbottire le sue interessanti trame di gioco di tempra fisica e attenzione tattica debilita il possesso palla della squadra. La gestione della sfera non è più scattante e fluida. Il team ligure, perdendo sovente il controllo del gioco, è costretto a rincorrere all’indietro avversari di solito più forti a cui viene anche concessa l’azione in campo aperto.
Nella partita contro il Napoli, esiziale concedere costantemente ad Osimhen i 30 mt alle spalle di Ismaili e Chabot. Poi, certo, la doppietta del nigeriano è anche propiziata da un assist cubista di Zielinski e da uno dolce come una foglia morta di Insigne. A certi piedi che spiegano talvolta si può però trovare contromossa. Se la corsa di Estevez non avesse incrociata la flebile quanto improbabile e inappropriata diagonale difensiva di Insigne, il risultato finale avrebbe segnato un corretto e inappellabile 0-4.
Massimo Scotto di Santolo
