Arrivato al Parma nell’87 dopo Sacchi, regalò spettacolo in Coppa e amichevoli ma poi in B durò 7 gare
Che cosa si sente di promettere ai tifosi del Parma?» chiese, il 22 luglio 1987, al raduno del Parma, Gian Franco Bellè al giovane e nuovo tecnico gialloblù Zdenek Zeman. «Solo che la squadra darà sempre il massimo per divertire» la lapidaria risposta. E così fu, e così è stato per i successivi trent’anni in cui l’integralista allenatore boemo è rimasto fedele a un’idea di gioco ultraoffensivo che spesso, dicono i suoi detrattori, ha fatto divertire, più dei propri tifosi, quelli avversari.
Quell’estate c’era un Parma tutto nuovo ad affrontare la serie B. La squadra di Sacchi che pochi mesi prima aveva sfiorato il salto in A, chiudendo con la miglior difesa della B, era stata smembrata. Bortolazzi, Mussi e Bianchi avevano seguito Sacchi al Milan, Signorini era finito alla Roma, Bruno e Fontolan all’Udinese. Via anche Galassi, Valoti e Piovani. Tra i pochi superstiti, Melli reduce però da un lungo ko, Fiorin e il portiere Marco Ferrari.
Ernesto Ceresini e Riccardo Sogliano avevano però le idee chiare. Dopo un profeta del nuovo calcio, sotto con un altro, a lungo fatto seguire nel suo lavoro a Foggia, in C, e contattato mesi prima al punto che, scoperta la trattativa, il patron dei satanelli Casillo licenziò su due piedi Zeman. Nipote di Cestmir Vykpalek, gloria crociata degli anni ’50, il boemo era laureato Isef a Palermo e provvedeva di persona alla preparazione atletica. Nel suo staff anche Carmignani, Battistini e il dottor Vecchi. Resterà inossidabile la sua amicizia col masseur Bozzetti.
La rosa la allestì Sogliano, ed era la più giovane del campionato, con qualche elemento di valore come Apolloni, Carboni, Osio, Gambaro.
CANTO DELLA CICALA
Le prime amichevoli e la Coppa Italia sono una marcia trionfale. A fine giugno la Parmalat aveva firmato il contratto di sponsorizzazione e il suo marchio già da un anno era sulla maglia del Real Madrid. Ecco allora l’amichevole di lusso al Tardini, con il Real messo sotto dal Parma e Butragueno che può solo segnare il gol della bandiera.
Era il 18 agosto, il Parma aveva già battuto la Roma mentre in Coppa, che viveva una fase a gironi, batte nell’ordine Monza, Barletta, Como, Milan e Bari ai rigori. Il successo a San Siro, contro Sacchi e gli olandesi, è un’altra serata indimenticabile. Ma al di là delle prestigiose vittorie estive resta nell’immaginario quel calcio fatto di corse, sovrapposizioni, applicazione ferrea e voglia di spingere sempre in avanti. Trascurando spesso le coperture…
Parma, orgogliosa di essere stata il laboratorio in cui Arrigo Sacchi ha preparato le alchimie che avrebbero stravolto per sempre questo gioco, poteva legittimamente sperare di aver trovato un nuovo profeta, in grado di esaltare i giovani, valorizzarli e far crescere assieme a loro il livello e il prestigio del club.
Zeman sussurra, Zeman fuma come un turco, Zeman fa correre su e giù per i gradoni. Tutto l’armamentario della sua personale leggenda è già in funzione a Parma.
LA DURA REALTA’
Ma poi arriva il campionato, i colleghi marpioni come Mazzia, Mondonico, Scoglio, Simoni. Il 13 settembre, al debutto, la Cremonese passa al Tardini. Complice un errore del portiere Ferrari, disorientato forse dai nuovi compiti che gli vengono chiesti. Zeman ha cancellato la figura del libero, ci pensa il fuorigioco a fermare gli avversari e casomai proprio il portiere, chiamato a uscire dall’area e giocare molto con i piedi. Novità radicali, dure da metabolizzare. L’attacco che in estate sparava a raffica si spunta e in casa arrivano due 0-0 con Messina e Genoa. In trasferta ko a Brescia e Catanzaro, sempre con vistose gaffe difensive. In mezzo vittoria di misura al Tardini sull’Atalanta («Il Parma getta la maschera» titolò speranzosa la Gazzetta di Parma), complice un autogol di Prandelli, ma contro il Bologna di un altro innovatore come Maifredi, arrivò al Dall’Ara la sconfitta che indusse Ceresini a rivedere i piani. Troppo forte la paura di perdere la categoria: 4 punti in sette turni rimasero il bottino di Zeman, esonerato e sostituito con Gian Piero Vitali, un gentleman di tutt’altro stampo tattico che salvò in carrozza la squadra quell’anno (gli presero subito Baiano, Sala, Minotti, Cervone e Rivalta) e il successivo, prima che iniziasse l’era-Scala.
Da allora Zeman è spesso arrivato al Tardini come avversario. La tabella qui sopra mostra che ha raccolto davvero poco. Ma la stima e anche l’affetto di tanti che l’hanno visto all’opera qui a Parma non gli sono mai mancati ed è tanto bello quanto raro vedere che nello sport, qualche volta, il risultato non è tutto.
fonte Gazzetta Di Parma
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